(di Lafayette)-
Ci fu un Blair dimenticato e successivamente santificato; c’è ne un altro in principio osannato e poi demonizzato.
La storia qualche volta ci propone scenari che al loro apparire si riteneva che fossero poco attraenti. Ciò che in passato andava contro l’opinione e il modo di pensare comune, e quindi sorprendeva perché strano, inadeguato, visto con le lenti attuali, la precedente trascurabilità si tramuta in fonte di saggezza e di grande insegnamento. Viceversa, quello che al tempo poteva sembrare dirompente e “rivoluzionario”, nel contesto odierno, alla luce del suo epilogo, viene giudicato irrilevante se non imbarazzante. Sennonché, nello specifico caso, il divertimento di Clio arricchisce questo paradosso ponendo in questa comparazione due personaggi che per un incredibile stranezza hanno lo stesso cognome: Eric Arthur Blair (George Orwell) e Anthony Charles Blair (l’ex Primo Ministro Britannico).
Il mio incontro con Orwell risale al tempo dei miei studi universitari, allorquando dovetti fare una scelta su quali dei tre romanzi indicati dal corpo insegnante avrei dovuto leggere e commentare per sostenere l’esame del secondo magistero di letteratura inglese: The Dubliners di J. Joyce, Short Stories di D.H. Lawrence e The Road to Wigan Pier di G. Orwell. “In quei giorni Conrad, Joyce e Lawrence erano visti come i più eminenti romanzieri del 20° secolo. Tuttavia, oggi 1984 può essere considerato il più influente romanzo del secolo.”[1] Scelsi il terzo per una semplice ragione: era il più “politico” della triade. Wigan è una città delle Midlands, situata nel Lancashire, dove Orwell soggiornò nel febbraio del 36, con un compito ben preciso affidatogli dall’editore: denunciare le condizioni di povertà del proletariato industriale inglese durante la grande depressione. Nel corso dei cinque decenni che separano la sua morte dalla fine del secolo, George Orwell fu sempre ricordato come una figura non di primo piano nel panorama artistico intellettuale internazionale, sebbene il suo metaforico “Animal Farm” e il suo distopico “1984” fossero già in Inghilterra largamente conosciuti e diffusi.
L’uno (Eric) morì a 46 anni, quasi sconosciuto, sepolto in un piccolo cimitero del Berkshire (ora Oxfordshire) in un villaggio di mille anime, Sutton Courtenay. Detto ciò, ci chiediamo: perché ora tutta questa attenzione su Orwell?” Cinque anni prima della sua morte avvenuta nel 1950, così lo definisce uno dei suoi biografi, DJ Taylor, “era ancora una figura vagamente marginale“. Aveva pubblicato in totale sette libri, di cui quattro romanzi, due dei quali non ebbero successo a tal punto che il suo editore si rifiutò di ristamparli. Egli fu riconosciuto come un superbo saggista politico e un audace critico letterario (Why I Write, In defence of the Novel, ecc ). Il suo amico e contemporaneo Malcolm Muggeridge lo stroncò con queste lapidarie parole: “non va bene come romanziere“. Come annota Robert Butler l’estensore del lungo saggio a lui dedicato dal mensile britannico Intelligent Life in edicola questo mese: “……fu solo con le sue ultime due opere, La fattoria degli animali e 1984 (pubblicato nel 1945 e nel 1949), che Orwell ha trasformato la sua fama di scrittore. Questi due libri dovrebbero cambiare il modo di pensare della nostra vita”[2].
L’altro, l’ottimista (Tony), a differenza del pessimista (Eric), iniziò la sua vita pubblica scoppiettando.
Egli ascese al titolo di “magnifica rinnovata speranza del laburismo britannico” con la straripante vittoria Labour del 1997. Il demiurgo Tony incarnava il desiderio di rinnovamento del partito dopo ben 18 anni di dominio conservatore. Le sue affermazioni incastonate in una retorica ammaliante, punteggiata da battute ironiche e da metafore alla moda si accodavano ai toni dickensiani da Great Expectations, “dare alla gente un qualche senso di speranza che cambiare sia possibile, e che c’è nulla che la possa spaventare”[3]. Ostentava una sicurezza non comune e una visione chiara del futuro entro cui la Gran Bretagna, in un mondo ormai globalizzato, avrebbe rivendicato il suo storico ruolo, promuovendo i propri punti di forza: l’esperienza finanziaria della City, la sua businnes community e infine le sue storiche relazioni internazionali. Né giammai una nazione immersa nella formalina post edwardiana, né, per converso, tenuta sotto scacco dalle petulanti rimostranze delle Unions. Per questo grande progetto occorrevano forze fresche, una corroborante iniezione di giovanilismo e come corollario una maniaca attenzione alla fase comunicativa, poiché “alla fine se i politici passano il loro tempo a mentire al pubblico, ciò svalorizza la politica: e allora tu hai un problema”.[4] Per un insolito scherzo del destino fu proprio Tony che ebbe un problema: non fece tesoro delle sue roboanti asserzioni quando disse la “sua verità” sulle ipotetiche “weapons of mass distruction” (armi di distruzione di massa) di Saddam Hussein. Una menzogna colossale costruita ad arte e sostenuta da un cerchio magico a lui devoto, contro cui il Labour Party non seppe opporsi, chi per piaggeria nei confronti dell’onnipotente capo, chi per una vergognosa pusillanimità. Fu una sciagurata decisione, frutto di una comunicazione ben orchestrata che trascinò la Gran Bretagna in una inutile guerra e a un epilogo ancora più tragico. A coloro che si accodarono al verbo del magnifico Leader sarebbe bastato leggere l’Orwell del 43, che commentando la manipolazione delle menti, sottolineava le fandonie che furono scritte sul conflitto spagnolo: “…… presto nella vita ho notato che nessun evento è mai segnalato correttamente in un giornale, ma in Spagna, per la prima volta, ho visto cronache sui giornali che non corrispondevano alla realtà, neppure il rapporto che è implicito in un normale bugia. Ho visto grandi battaglie segnalate dove nessun combattimento c’era stato, e il completo silenzio [su eventi] in cui erano stati uccisi centinaia di uomini. Ho visto soldati che avevano combattuto coraggiosamente denunciati come codardi e traditori, e altri che non avevano mai visto un colpo sparato salutati come gli eroi di vittorie immaginarie; e ho visto i giornali di Londra vendere queste menzogne e intellettuali desiderosi costruire sovrastrutture emotive su eventi che non erano mai accaduti”.[5] E riguardo alla glorificazione dei Leader carismatici, Eric si espresse in questo modo:”….se il leader dice che quello o talaltro fatto non è mai successo, beh, non è mai successo! Se dice che due più due fanno cinque, beh, due più due fanno cinque! Questa prospettiva m’impaurisce di più che le bombe…”.
Se dovessimo trovare un denominatore comune tre i due Blair lo si può individuare nel loro fervente “antisocialismo” ideologico, quello di derivazione marxista che si cristallizzò susseguentemente nel realismo sovietico. Per Eric Blair il pervasivo potere non conosce differenze di contenuto. Qualora esso non fosse circoscritto sul nascere, si attovaglierebbe a qualsiasi tavola imbandita. Tony Blair non si pose questo problema, egli aveva una soluzione al fulmicotone: far incamminare la tradizione socialista verso la china cristiana liberale, così da ravvivare gli animi, sottraendole nel contempo ogni suo residuo ideologico, ogni suo desueto errore di prospettiva. In alternativa al grigiore socialista, Tony creò un nuovo paradigma in cui inserì una miscellanea di valori come fa l’alchimista quando congettura per trovare la formula della pietra filosofale. Così l’arrembante teorico del New Labour si confessò nel 93 in un’intervista al noto teologo inglese Roy McCloughry, forse la più illuminante concessa da Tony nel corso del suo lungo periodo di governo: “Dove il mio credo personale e politico coincide sta nella nozione che tutti noi siamo membri di una comunità. Tu sei ciò che sei in parte per causa d’altri e tu non puoi separare l’individuo dalla società circostante. Quell’idea è per me un peculiare aspetto filosofico della religione cristiana. Ma il concetto di individuo nella comunità non sostituisce la responsabilità individuale…….la mia interpretazione del messaggio socialista è che la responsabilità sociale è importante per rafforzare la responsabilità personale e non un suo sostituto.”[6] La loro parallela estrazione sociale borghese e il loro prestigioso curriculum scolastico (per Tony, Oxford, per Eric, Eton) erano le altre due caratteristiche che entrambi condividevano. Ma mentre il primo “ascende”, il secondo volontariamente “discende” fino al punto che per non creare imbarazzo alla sua famiglia nel 34 decide d’inventarsi lo pseudonimo Orwell, dalla dubbia interpretazione: OR-WELL (o-bene) o più probabilmente dal fiume Orwell nel Suffolk vicino a Ipswhich Town, dove la famiglia di Eric soggiornò per lungo tempo.
A differenza del sincretismo di Tony, ciò che Eric ritenne importante fu il concetto di “common decency”, ossia un ventaglio ideale formato da una serie di “stecche” quali la giustizia, la libertà, la tolleranza, il riscatto sociale, la lotta contro il degrado umano. A lui non piacque mai dare ascolto alle ciarle su argomenti pari alla “personal responsibility” assai comuni negli ambienti pullulanti di socialisti piccolo borghesi.
Chiediamoci perché oggi l’Eric “politico” con i suoi romanzi minori stia mietendo un successo inaspettato? (The Road to Wingan Pier e Down and Out in Paris and London in italiano sono esauriti da tempo, per il primo c’è solo l’edizione in originale della Penguin, per il secondo nemmeno quella, è in ristampa). Lo spiega con la sua acuta ironia David Sharrock, al tempo noto editorialista del The Guardian: “Oggi il libro (The Road to Wingan Pier) sembra curiosamente pertinente rispetto alle difficoltà dei nostri giorni. Un Primo Ministro che ha studiato all’Eton college [Cameron come Orwell], in un governo farcito con ragazzini che anch’essi hanno frequentato scuole di alto rango, ha avviato la riduzione più radicale della spesa pubblica [mai vista nelle precedenti] generazioni…….Stiamo assistendo alla più lunga diminuzione del tenore di vita dal 1920, secondo Mervyn King, il governatore della Banca d’Inghilterra, i suoi effetti più pesanti cadono al nord.”[7] Ma è proprio solo tutta colpa di Cameron, o forse anche di chi dopo dodici anni di governo ininterrotto labourista, professando un astratto “incastro” tra cristianità e socialismo per un verso, balzando a seconda delle proprie convenienze tra Dio e Mammone per l’altro, e infine pontificando sulla centralità della “personal responsibility” ha lasciato in eredità al popolo inglese – secondo Duncan Exley il direttore di Equality Trust – il più alto tasso di disuguaglianza in Inghilterra dal 1970? “A partire dall’epilogo degli anni 70 il Regno Unito è diventato uno dei paesi più diseguali del mondo sviluppato. Mentre i ricchi sono diventati più ricchi, il resto della popolazione è stata lasciato alle loro spalle. La ricerca pubblicata oggi dalla Oxfam dimostra che ad oggi solo cinque famiglie possiedono tanta ricchezza quanto l’intero 20% più povero della popolazione”.[8] Certo che dopo aver ascoltato la lezione sul comunitarismo cristiano di Tony nel 93 come si potrebbe dar torto al The Economist quando afferma che: “Mentre egli [Tony] è accolto e celebrato all’estero, nel suo paese d’origine è insultato. L’ostentata combinazione tra il voler far denaro, girare il mondo e [stipulare] accordi commerciali con governi sgradevoli, si attaglia in modo disagevole all’austerità successiva alla crisi in Gran Bretagna”[9]
Eric non sentiva la necessità di onorare quelle verità di fede oggettive e immutabili così care a Tony. Il suo istinto lo portava a denunciare i soprusi, le ingiustizie, le violazioni della libertà. Lo fece dalle colonne dell’Observer o del The New Statesman con la sua penna acida e graffiante quando ad esempio descrive il 3 settembre del 32 in un articolo lo squallore delle Common Lodging House (gli ostelli Vittoriani per i poveri): “Nella media lo stato delle Common Lodging House (“dormitorio”, così si chiamavano) è costituito da una serie di dormitori, e da una cucina, sempre sotterranea, che serve anche come salotto. Le condizioni in questi luoghi, soprattutto nei quartieri meridionali di Southwark e Bermondsey, sono disgustose. I dormitori sono tane fetide orribili, nelle quali sono stipati fino a un centinaio di uomini, arredate con letti di qualità molto inferiori a quelli che si trovano nelle corsie d’ospedali a Londra…..molto spesso i letti sono pieni di parassiti e nelle cucine regolarmente pullulano blatte e neri scarafaggi. Ovviamente, non ci sono bagni, e nessuna camera dove la privacy sia accessibile”[10]. Oppure, quando narra in The Road to Wigan Pier le condizioni di vita dei minatori inglesi: “Mi sembra, alla luce del giorno, uno dei posti più spaventosi che abbia mai visto.” Dai suoi due mesi nel Lancashire, un’immagine rimase con lui al di sopra delle altre, una giovane donna pallida: “con la solita apparenza sbrindellata e spossata … ho pensato a quanto terribile fosse il destino di stare in ginocchio nel fango in un vicolo a Wigan, nel freddo pungente, spingendo un bastone su uno scarico bloccato. In quel momento alzò lo sguardo e catturò la mia attenzione, e la sua espressione era così desolata [che non ricordo] d’averne mai viste; mi è venuto in mente che stava pensando proprio a me.”[11] Tuttavia, man mano che passano gli anni Orwell diventa sempre più disincantato e la sua prosa si fa progressivamente più pungente sia nei confronti del cieco servilismo verso i potenti e sia verso una politica asservita esclusivamente al potere, indipendentemente dal suo fondamento teorico, orientata soddisfare sé stessa anziché l’interesse collettivo. “ Le azioni [in politica] non sono buone o cattive di per sé, ma secondo chi le compie – e non c’è pressoché nessun tipo di indignazione verso la tortura, l’uso degli ostaggi, il lavoro forzato, le deportazioni di massa, l’imprigionamento senza processo, la falsificazione, l’assassinio, il bombardamento sui civili – che non cambi il significato morale quando ciò è commesso dalla “nostra” parte”.[12]
Il socialismo di Eric è di chiara derivazione fabiana, cognitivo, non scientifico ma empirico, libertario, eterodosso e soprattutto, con lo scorrere della sua vita, antitotalitario. Un socialismo che necessita costantemente di testimonianze vissute anche in modo diretto. Forse, è per questa ragione che si reca in Spagna a combattere a fianco dei repubblicani nelle file del POUM[13], il partito socialista d’ispirazione trotskista antistalinista trasmettendoci le sue paure da militante patite in quella terribile lotta intestina: “E’ sempre una cosa detestabile essere presi a fucilate al buio – ogni lampo che esce dalla canna del fucile sembra essere indirizzata proprio a te……..la lanciai e mi buttai a terra. La bomba esplose alla mia destra, appena fuori dal parapetto: la paura mi aveva rovinato la mira. In quel preciso istante un’altra bomba esplose proprio davanti a me, così vicina che sentii il calore dell’esplosione”.[14] Tony di guerre è un grande esperto, ne ordinò quattro (Kossovo, Sierra Leone, Afghanistan e Iraq) per “insegnare” ai cattivi la democrazia; Eric, al contrario, ne combatté solo una, non per “esportare” la democrazia, ma per difenderla. Tuttavia per entrambi, sebbene con esiti diversi, i conflitti bellici saranno fatali. Eric viene ferito gravemente sul fronte aragonese e sfortunatamente contrasse anche la tubercolosi. Quella terribile malattia che lo minò per il resto della vita e che lo condusse a una precoce dipartita. Ma Orwell, nel corso del conflitto spagnolo, subì un’altra ferita ancora più profonda non nel corpo ma nell’anima: fu tradito dai suoi compagni stalinisti che lo condannarono a morte. Sfuggì alla cattura per un puro miracolo e tornò in Inghilterra malato, deluso, e persino ostracizzato dai militanti laburisti a causa delle sue impertinenti critiche al movimento sindacale nella seconda parte dell’opera The Road to Wigan Pier, che gli costò la censura da parte dell’editore. Nei rimanenti quindici anni che precedettero la sua scomparsa maturò un livore quasi paranoico nei confronti del totalitarismo di entrambe le ideologie: “1984” ne è la più cruda testimonianza. Morì solo, povero, senza che alcuno se ne accorgesse.
Tony, per sua fortuna, è ancora in vita, ma dopo il suo periodo di splendore, quanto più calava la sua stella tanto maggiore fu la reazione sovversiva nei suoi confronti da parte degli inglesi al punto che dopo le sue dimissioni venne regolarmente sottoposto al pubblico ludibrio. Un fenomeno paranoico che ha toccato inspiegabili punte di odio viscerale e a cui i sociologi e i media nazionali non sono ancora riusciti a fornire una esauriente spiegazione. Il commento che ne fa il The Economist parrebbe più ragionato e meno virulento: “Le sue valutazioni personali sono state percosse dalle conseguenze umiliante della guerra in Iraq, ma è dopo la sua partenza dalla carica [di PM] che la sua stella è caduta precipitosamente. Il disfacimento dell’Iraq dopo la guerra e il suo contributo al caos che si è diffuso attraverso il Medio Oriente, hanno lasciato una macchia sul suo record di gran lunga più scura rispetto a quando era primo ministro. Eppure, questi eventi non sono l’unica spiegazione. L’uomo che ha sollecitato incontri per “interventi liberali” contro personaggi come Slobodan Milosevic ora cita la “necessità strategica” di trattare con autocrati come Vladimir Putin, il Presidente russo, il quale fa causa comune con l’Occidente contro il fondamentalismo, o come Abdel Fattah al-Sisi, Presidente dell’Egitto, salito al potere a seguito di un colpo di Stato militare contro i Fratelli musulmani e che pensa che l’Occidente dovrebbe sostenerlo con più forza”.[15] Ma se si scorrono i blog dei più noti giornali inglesi, notiamo verso di lui un’astiosità senza precedenti, ancora peggiore di quanto venne vomitato a Margaret Thatcher: una ridda d’insulti irripetibili, a cui la stessa stampa nazionale fatica nel dare una spiegazione. Tra gli epiteti meno maligni si possono citare parole come: liar (bugiardo), impostor (impostore), deceiver (ingannatore, ipocrita) Una sequela di oltraggi che indusse la Royal House a guardarsi ben bene da invitarlo al matrimonio del Principe William.
E’ vero come afferma David Sharrock che la tremenda crisi che si è abbattuta sulla Gran Bretagna nel 2008 riporta il pensiero di Orwell in auge. Ma c’è dell’altro, il Labour Party dopo l’ultima sconfitta elettorale, muovendosi con difficoltà tra le macerie dell’esperienza blairiana per riconquistare il crescente voto nazionalista, soprattutto nel Nord del paese, ha dovuto faticosamente rispolverare i vecchi miti allo scopo di ricrearsi una sorta di “verginità egualitaria”: George Orwell era proprio l’icona perfetta. Ecco come commenta Butler su Intelligent Life: “L’interesse per Orwell…….”sta accelerando e si espande praticamente ogni giorno”………Hamilton descrive la costante ascesa di “1984”. “Stiamo vendendo molto di più. Stiamo autorizzando molte produzioni teatrali più di quanto abbiamo mai fatto prima. Stiamo vendendo in nuove lingue: il Breton, il Friuli, l’occitano. …..come nome riconosciuto a livello mondiale, è a un picco assoluto. “Un nuovo film di Hollywood su 1984 “è in cantiere,” La fattoria degli animali “è anche in fase di sviluppo come film, e Lee Hall, che ha scritto” Billy Elliot”, sta componendo sia una versione musical della “fattoria degli animali” sia un adattamento televisivo di “Essere sul lastrico a Londra e a Parigi”. E ‘il momento di boom per Orwell: “il reddito complessivo”, Hamilton dice, “è cresciuto del 10% all’anno negli ultimi tre anni.”[16] Ma c’è anche chi dice con una certa franchezza a Ed Miliband (l’attuale segretario del Labour) “di non pensare che rispolverando qui al Nord il vessillo di Orwell ci faccia dimenticare il disastro perpetrato dopo 12 anni di una politica oscena del New Labour contro l’interesse dei lavoratori”[17]
Se per Eric si annuncia la “sanctification”, per il suo omonimo Tony si aprono le porte dell’inferno. Leggiamo la descrizione che fa il “moderato” The Economist sull’argomento: “Un sondaggio YouGov nel 2013 ha concluso che poco meno della metà dei cittadini britannici pensavano che [Tony Blair] fosse un criminale di guerra. Cinque persone hanno cercato di arrestarlo [citizen’s arrests]. Dal partito laburista, che ha guidato alla vittoria più spesso di qualsiasi altro leader in tempi moderni, ci si potrebbe aspettare che si rivolga a lui per i suoi problemi attuali, ma sembra considerarlo come un imbarazzo. Il premio di quest’anno conferitogli da GQ [Lifestyle and Fashion], per le sue opere di carità, ha suscitato sdegno nei media e nei social network. Un altro plauso [a lui rivolto], dalla filiale americana di Save the Children, ha generato una petizione firmata da 500 membri del personale, chiedendo che il premio venisse revocato. Private Eye, una rivista satirica, scherza affermando che egli è in trattative con il diavolo per la vendita della sua anima”………Agli estremi, l’ostilità assume forme allarmanti. Lui e sua moglie hanno ricevuto minacce di morte, e uno studente di legge che avrebbe solleticato lo Stato islamico per tentare di ucciderli è sotto processo a Londra.”[18]
Qui regna il paradosso: Eric, il miscredente socialista eterodosso si spegne quasi dimenticato da tutti per essere celebrato postumo come un martire cristiano; Tony, il cattolico, colui che intendeva “incastonare” le prescrizioni del breviario nelle pagine del Capitale, celebrato ai suoi esordi come la reliquia del rinnovamento, osannato per il suo fresco giovanilismo ardore, in età matura finisce per essere vilipeso, odiato e trattato come un satrapo persiano.
Perché ora Orwell? Una spiegazione potrebbe derivare dal fatto che dopo anni di luccicanti ideologie ottimiste basate sul lancio di lustrini e paillette la socialdemocrazia inglese si sia incatenata in quella che Paul Krugman chiama “complacency” (compiacenza). Qualcuno si era illuso che il sincretismo potesse funzionare. Invece no! Il capitalismo è spregiudicato, quando non gli conviene più l’accordo rompe il patto, ruba il mazzo e ti lascia, direbbe Orwell, una “slag- heap is at the best a hideous thing.”[19] Per giunta, dopo il disastro la “teologia” della speranza o il patriottismo del riscatto non fa altro che creare ulteriore malessere. Il generare fiduciose aspettative dopo una catastrofe è come cercare di convincere un leone a farsi vegetariano. Se a parere di qualcuno il nostro Eric appare come un “pessimista ingombrante”, allora, l’ottimista dalle “larghe intese” non potrebbe essere altro che un illusionista d’avanspettacolo. Pessimista, poiché Orwell non si è mai accontentato delle narrazioni, egli ha costruito le sue tesi utilizzando il procedimento empirico ricavato dalle sue esperienze personali, che in parte per lui furono deludenti. Nonostante questo, Eric ha scavato nel profondo dei problemi, ha sperimentato personalmente la marginalità, l’ha descritta, ha coraggiosamente combattuto per tutto ciò che egli ritenne fosse una giusta causa, non si è mai sottratto alla lotta, l’ha sempre vissuta. Ingombrante, poiché dalla sua attività di militante sul campo spesse volte ne trasse un’opinione che cozzava contro il conformismo di maniera. Solo quando sei immerso fino al collo nella tua indagine, pare voler dire Eric, ti appare la nuda e cruda verità e il tuo assertivo costrutto teorico da benpensante si dematerializza al cospetto della realtà effettuale. Capita spesse volte d’imbattersi nel paradosso, come stigmatizza Orwell, come quando si scopre che nel piccolo perimetro sociale dei minatori, anziché l’abbrutimento, si trovano valori morali che altrove si direbbero scomparsi. Insomma, per Eric la decency si costruisce sulla somma delle esperienze personali: solo se hai visto Sheffield capisci qual è la ragione che ti spinge a combattere a dichiararti socialista: “E la puzza! Se ci sono dei rari momenti che tu smetti di respirare anidride solforosa è perché tu hai iniziato a sentire l’odore del gas. Persino le basse acque del fiume che attraversano la città è di solito colorato da un giallo lucente di qualche sostanza chimica. Una volta mi fermai nella strada e contai le ciminiere delle fabbriche che io potessi [da lì] vedere; Ce ne erano 33, ma ce ne sarebbero state molte di più se l’aria non fosse stata oscurata dal fumo”[20]. Tuttavia, il febbricitante ritorno all’Orwell politico, quello precedente al “1984”, si fonda su di un valore che nel mondo del rappresentazione socialista negli ultimi tempi è stato messo in ultima fila, tale da risultare quasi indistinguibile dal palco: la coerenza. Eric non ha mai derogato dai suoi principi e si è sempre distinto per la sua schiettezza, non ha mai adorato nessun idolo, sebbene questa eterodossia gli costò l’indifferenza dei potenti, la strumentalizzazione da parte dei conservatori e infine la malcelata diffidenza da parte dei membri del suo stesso partito. Tony, invece, lo reinventò, stabilì un decalogo di comandamento etici, tra cui la “the personal responsibility”, o la “the devotion the duty” pontificando agli inglesi che sarebbe stata l’architrave del successo. Peccato, come commenta amaramente Sir David Marquand, il noto analista politico labourista, nonché più volte MP a Westminster, in suo saggio: “sotto Blair e Brown come sotto la Thatcher, dovere e moralità valevano solo per la domenica, per il resto della settimana, il consumo edonistico marciava spedito”[21]
Oggi, molti in Inghilterra si chiedono se il tribunale della storia sia imprevedibile o semplicemente equanime nel giudicare. Forse dovremmo ricorrere alla mitologia greca per capire cos’è accaduto in così poco tempo. Tiche, nella mitologia greca, ha il potere di decidere quale sarà la sorte di questo o quel mortale. A taluni essa concede i doni contenuti nella cornucopia, ad altri nega perfino il necessario. Tiche è irresponsabile delle sue decisioni e corre qua e là facendo rimbalzare la palla per dimostrare che la sorte è una cosa incerta. Ma se Nemesi si accorge che un uomo favorito da Tiche si vanti delle sue ricchezze né mai ne sacrifichi parte agli dei, né se ne serva per alleviare le pene dei suoi concittadini, l’antica dea si fa avanti per umiliarlo.
Pare proprio che sia accaduto questo.
Lafayette
[1] http://moreintelligentlife.com/ by Robert Butler: “In those days, Conrad, Joyce and Lawrence were seen as the towering novelists of the 20th century. Yet, today, “1984” can claim to be the most influential novel of the century.”
[2] http://moreintelligentlife.com/ by Robert Butler: It was only with his last two books, “Animal Farm” and “1984” (published in 1945 and 1949), that Orwell transformed his reputation as a writer. These two books would change the way we think about our lives.
[3] Tony Blair at Third Way Magazine (an interwiev on 1993) by Roy Mc Cloughry: “ to give people some sense of hope that change is possible, and that it’s not something to be frightened of.”
[4] Tony Blair at Third Way Magazine (an interwiev on 1993) by Roy Mc Cloughry:“if politicians spend their time lying to the public, that just devalues politics – and then you’ve got a problem”.
[5] Looking back on the Spanish War, George Orwell 1943:. ……” Early in life I have noticed that no event is ever correctly reported in a newspaper, but in Spain, for the first time, I saw newspaper reports which did not bear any relation to the facts, not even the relationship which is implied in an ordinary lie. I saw great battles reported where there had been no fighting, and complete silence where hundreds of men had been killed. I saw troops who had fought bravely denounced as cowards and traitors, and others who had never seen a shot fired hailed as the heroes of imaginary victories; and I saw newspapers in London retailing these lies and eager intellectuals building emotional superstructures over events that had never happened…………..If the Leader says of such and such an event, ‘It never happened’ — well, it never happened. If he says that two and two are five — well, two and two are five. This prospect frightens me much more than bombs..”.
[6] Tony Blair at Third Way Magazine (an interwiev on 1993) by Roy Mc Cloughry:“Where my political and personal beliefs completely coincide is the notion that people are members of the community. You are what you are in part because of others, and you cannot divorce the individual from the surrounding society. That idea is to me the distinguishing philosophical feature of the Christian religion. But the notion of the individual within a community is not a substitute for individual responsibility………….. My reinterpretation of the socialist message is that social responsibility is important to reinforce personal responsibility, not as a substitute for it.”
[7] http://www.theguardian.com/books/2011/feb/20/orwell-wigan-pier-75-years: Today the book seems curiously relevant to our own distressed times. An Old Etonian prime minister, in a cabinet stuffed with public school boys, has embarked upon the most radical reduction of public spending in generations… We are witnessing the longest squeeze in living standards since the 1920s, according to Mervyn King, governor of the Bank of England, and its effects fall heavier on the north.
[8]http://www.newstatesman.com/politics/2014/03/how-inequality-costing-economy-billions: “Since the late 1970s, the UK has become one of the most unequal countries in the developed world. As the rich have got richer, the rest of us have been left behind. Research released today by Oxfam shows that just five families now have as much wealth as the poorest 20 per cent of the population”.
[9]http://www.economist.com/news/christmas-specials/21636603-celebrated-abroad-and-reviled-home-former-prime-minister-struggles-fulfil: “While he is welcomed and celebrated abroad, in his home country he is reviled. The ostentatious combination of money-spinning, globe-trotting and commercial deals with some unappealing governments sit uneasily in austere, post-crisis Britain”
[10] Common Lodging House, by Eric Blair The New Statesman 3 September 1932: “The average lodging house (“doss-house,” it used to be called) consists of a number of dormitories, and a kitchen, always subterranean, which also serves as a sitting-room. The conditions in these places, especially in southern quarters such as Southwark or Bermondsey, are disgusting. The dormitories are horrible fetid dens, packing with anything up to a hundred men, and furnished with beds a good deal inferior to those in a London casual ward….. As often as not the beds are verminous, and the kitchens invariably swarm with cockroaches or black beetles. There are no baths, of course, and no room where any privacy is attainable.
[11] The Road to Wigan Pier, by George Orwell, Penguin book, London: “It seems to me, by daylight, one of the most appalling places I have ever seen.”…….. “with the usual draggled, exhausted look … I thought how dreadful a destiny it was to be kneeling in the gutter in a back alley in Wigan, in the bitter cold, prodding a stick up a blocked drain. At that moment she looked up and caught my eye, and her expression was as desolate as I have ever seen; it struck me that she was thinking just the same as I was.”
[12] Notes on Nationalism, George Orwell, 1945: Actions are held to be good or bad, not on their own merits, but according to who does them, and there is almost no kind of outrage — torture, the use of hostages, forced labour, mass deportations, imprisonment without trial, forgery, assassination, the bombing of civilians — which does not change its moral colour when it is committed by ‘our’ side
[13] Partido Obrero de Unificación Marxista
[14] George Orwell, Omaggio alla Catalogna, Mondadori
[15]http://www.economist.com/news/christmas-specials/21636603-celebrated-abroad-and-reviled-home-former-prime-minister-struggles-fulfil: His personal ratings were battered by the humiliating aftermath of the Iraq war, but it is since his departure from office that his star has fallen precipitously. The unravelling of Iraq after the fighting and its contribution to the chaos that has spread through the Middle East, have left a stain on his record far darker than when he was prime minister. Yet those events are not the only explanation……The man who rallied for “liberal interventions” against figures such as Slobodan Milosevic now cites the “strategic necessity” of dealing with autocrats from Vladimir Putin, the Russian president, who has common cause with the West against fundamentalism, to Abdel Fattah al-Sisi, president of Egypt, who came to power in a military coup against the Muslim Brotherhood and whom he thinks the West should back more strongly.
[16] http://moreintelligentlife.com/ by Robert Butler: The interest in Orwell………“is accelerating and expanding practically daily”…………Hamilton describes the onward march of “1984”. “We’re selling far more. We’re licensing far more stage productions than we’ve ever done before. We’re selling in new languages—Breton, Friuli, Occitan. ……..As a global recognised name, it’s at an absolute peak.” A new Hollywood movie of “1984” is in the pipeline, “Animal Farm” is also in development as a feature film, and Lee Hall, who wrote “Billy Elliot”, is writing both a stage musical version of “Animal Farm” and a television adaptation of “Down and Out in London and Paris”. It’s boom time for Orwell: “total income”, Hamilton says, “has grown 10% a year for the last three years.”
[17] The Telegraf, 25 September 2013, Brent O’Neal: Ed Miliband’s patronising praise for the North confirms that Orwell’s ‘cult of northernness’ is alive and thriving
[18] http://moreintelligentlife.com/ by Robert Butler: A YouGov poll in 2013 concluded that just under half of Britons thought he was a war criminal. Five people have tried to carry out citizen’s arrests on him. The Labour Party, which he led to victory more often than any other leader in modern times, might be expected to turn to him in its current troubles, but seems to regard him as an embarrassment. An award this year for his charitable endeavours from GQ, elicited scorn in the media and social networks. Another plaudit, from the American branch of Save the Children, spawned a petition signed by 500 staff members, calling for the award to be rescinded. Private Eye, a satirical magazine, jokes that he is in negotiations with the devil over the sale of his soul….….At the extremes, the hostility takes alarming forms. He and his wife have received death threats, and a law student allegedly inspired by Islamic State to try to kill them is on trial in London.
[19] North and South, by George Orwell 1937: “Una montagna di rifiuti, il meglio di cui si possa dire è che si tratta di una cosa orribile”
[20] North and South, by George Orwell 1937: “And the stench! If at rare moments you stop smelling sulphur it is because you have begun smelling gas. Even the shallow river that runs through the town is-usually bright yellow with some chemical or other. Once I halted in the street and counted the factory chimneys I could see; there were thirty-three of them, but there would have been far more if the air had not been obscured by smoke”
[21] http://www.newstatesman.com/uk-politics/2009/02/thatcher-social-moral-society: “Under Blair and Brown, as under Thatcher, duty and morality were for Sundays. During the rest of the week, hedonistic consumerism marched on.”
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