..Il “laboratorio Italia” con la crisi inventata e personalizzata di Matteo Renzi ha scoperto i nervi ed ha condotto una classe dirigente , di cui la politica è solo una parte, in bancarotta.. A chi chiede un futuro e sostiene che “sognare non nuoce” occorre dare risposte intellettualmente più oneste.
Occorre “essere realisti e chiedere l’impossibile” come disse Marcuse….Occorre ripensare al sistema democratico, ad un sistema della rappresentanza fondamentale del nostro vivere insieme ancora di origine ottocentesca…Invitiamo quindi alla lettura di Massimo Cacciari ma soprattutto a riflettere non solo su riforme istituzionali, parlamento e governo..ma su un nuovo sistema democratico per il terzo millennnio…”..
(di Massimo Cacciari)- Il “laboratorio Italia” ha dunque sfornato il suo “caso” più spettacolare: nel pieno di una pandemia e di una tragica situazione economica e sociale ha inventato una crisi di palazzo in piena regola. L’Europa osserva stupefatta, incerta se applaudire all’ennesimo esempio di creatività politica nostrana, campo nel quale siamo davvero sovrani, o mandare ad assisterci qualche infermiere. I giovani, cui anche una scuola decente è oggi vietata, i giovani per il 60% senza lavoro, sotto-occupati, precari( costretti, cioè, a pregare se vogliono sfangarsela), ringraziano e a un tempo forse si chiedono perché, come è possibile che accadano cose del genere, quali ne sono la cause. Colpa di Renzi! E’ la risposta unanime che si leva da chi dovrebbe governare. Ecco l’untore, colui che roso da sacra fame di potere e di vendetta impedisce al nocchiero di condurre la navicella dello Stato verso porti sicuri. Facciamolo fuori e che il viaggio continui. E’ il ritornello che si sente da trent’anni, una volta da “destra” e la volta dopo da “sinistra”: ridurre la nostra crisi politica, culturale, istituzionale alla misura di questo o quel personaggio. E allora vediamo come sostituirlo, andiamo a pesca di “responsabili” o, come si appellano in epoca di Recovery Plan, di “costruttori”. Ne siamo così abituati che ormai non fa più problema neanche a coloro che gridavano allo scandalo con profetici toni quando Berlusconi esercitava da maestro questo sport. E’ colpa di Renzi se la prima stesura del Recovery Plan faceva schifo? è stato Renzi a impedire al PD di imporre la sua revisione? Al PD sembra che aiuti e sostegno alle categorie più colpite siano stati forniti con tempestività e equità? Vogliamo chiedere agli interessati e ai loro commercialisti? Pare normale alle forze che sostengono Conte andare avanti con provvedimenti di assai dubbia ragionevolezza che si succedono di settimana in settimana, in una situazione che va pericolosamente normalizzando lo “stato di emergenza”? Sarà certo irresponsabile aprire crisi al buio, ma non porre tali domande. E’ irresponsabile non porsele, non comprenderne la urgenza, almeno quanto produrre ulteriori sconquassi in vista delle scadenze di primavera, quando non potremo più rinviare e rimandare, quando finirà il blocco dei licenziamenti, quando centinaia di migliaia di imprese non ce la faranno a sopravvivere.
Dobbiamo a chi si interroga con angoscia per il proprio futuro, a chi chiede come siano possibili spettacoli del genere, risposte intellettualmente più oneste. Non si tratta di Renzi o di Conte, o dei residui di antiche tradizioni politiche, o dell’ennesima riedizione in sedicesimo delle secolari lotte intestine in seno alle “sinistre”; si tratta della bancarotta di una classe dirigente, di cui quella politica è solo una parte, per quanto essenziale. Si tratta dell’esito di una lunga storia nella quale invece di porre mano, come era necessario, e da parte di molti anche compreso, a riforme di sistema dal piano delle nostre istituzioni, parlamento e governo, all’apparato burocratico-amministrativo, siamo andati rottamando allegramente partiti, sindacati e corpi intermedi. Invece di comprendere che una fase storica del Welfare State era per forza terminata con la rivoluzione tecnologica degli anni ’80-’90 e occorreva ripensare politiche industriali e del lavoro, e che l’attività legislativa doveva svolgersi coerentemente alle esigenze della innovazione, abbiamo aggravato il caos normativo, sovrapposto competenze nazionali e regionali, frustrato in ogni modo le autonomie locali. E, colpa somma, continuato, per quanto si poteva (sempre meno, è ovvio, man mano che si riducevano le risorse disponibili), a proteggere soltanto padri e nonni, in base all’aureo motto che sul tempo lungo siamo tutti morti.
La crisi davvero epocale che attraversiamo produrrà il contraccolpo? Ne usciremo dicendoci, come insegna da sempre la vera politica, che Patria non è la terra dei padri, ma dei figli? Può essere – quando si giunge al fondo, e queste ultime vicende tra Renzi, governo, ”costruttori” mostrano con meridiana chiarezza che ci siamo, il rimbalzo può avvenire. La storia procede a scatti e salti. Le prossime mosse del governo, chiusa la tragicommedia parlamentare, dovranno però essere il primo segno della svolta: chiarezza su tempi, modi, parametri in base ai quali uscire dall’emergenza, equità e tempestività sulle procedure di aiuto, ma soprattutto impegno tassativo a non far ricadere su giovani e non nati lo straordinario aumento del debito reso inevitabile proprio per il dovere di sostenere le categorie più colpite. Sognare non nuoce: gli attuali alleati di governo, eliminato Renzi, che giurano solennemente di aver capito la lezione, che concordano per la ripresa di un disegno di riforme istituzionali e amministrative del tutto abbandonato, e danno così vita a un’intesa oltre l’attuale emergenza e anche l’attuale legislatura. Nessun sogno è stato più di questo lontano dalla realtà dei fatti? e tuttavia nessuno appare oggi più indispensabile. Diceva quel tale che non si otterrà neanche il possibile, se non si tende all’impossibile.
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