(da http://wikispesa.costodellostato.it)-
Un ente pubblico, nell’ordinamento giuridico italiano, è una persona giuridica creata secondo norme di diritto pubblico, attraverso la quale la pubblica amministrazione svolge la sua funzione amministrativa. Gli enti pubblici devono quindi svolgere una funzione di pubblico interesse. Per quanto quest’ultima condizione possa essere valutata con parametri di utilità sociale differenti talvolta discordanti, è diffusa nell’opinione pubblica, trasversale nella stampa oltre che ammessa da esponenti della politica, l’inutilità pubblica delle funzioni di una parte consistente degli enti pubblici, che costituisce un costo rilevante per la collettività.
Il governo Monti aveva censito 500 enti inutili, ma è stata L’Unione delle Province d’Italia a contribuire ad una stima più inclusiva e dettagliata di enti di “improbabile” utilità, al fine di indirizzare la politica dei tagli verso enti diversi dalle stesse province [1]. Secondo la stima dell’Unione delle Province d’Italia, confermata da calcoli anche di giornalisti economici come Marco Cobianchi, gli enti inutili ammonterebbero a 3127 per un costo di 7 miliardi di euro, che per il Codacons raggiunge invece i 10 miliardi.
Molti governi e in modo trasversale agli schieramenti politici hanno affermato di voler cancellare tali strutture, accertandone pubblicamente l’inutilità; tuttavia solo un numero esiguo di enti è stato abolito.
Dal 2008 – anno del decreto legge 112 che avrebbe dovuto accelerare il taglio degli enti inutili–, sono appena 49 gli enti soppressi o accorpati. Il governo Monti ne ha cancellati 37, accorpando ad esempio Isvap e Covip in un nuovo istituto di vigilanza sulle assicurazioni e il risparmio previdenziale (l’Ivarp), chiudendo l’Ente per il microcredito, l’Associazione Luzzatti, la Fondazione Valore Italia e Arcus Spa, le cui funzioni sono state assorbite dai ministeri vigilanti. Gli accorpamenti di maggior rilevanza hanno riguardato l’Agenzia del territorio e i Monopoli di Stato, che sono stati fusi, rispettivamente, con l’Agenzia delle entrate e con quella delle dogane. Il processo di abolizione oltre ad aver riguardato solo un numero esiguo di Enti, è risultato inoltre vanificato in alcuni casi da meccanismi quali la procedura per la cancellazione seguita da una riorganizzazione, oppure tramite il solo cambiamento del nome o facendo affidamento sul ricorso al Tar e al Consiglio di Stato per congelare la pratica.
L’Ente nazionale della montagna, per esempio, le cui funzioni si sovrappongono a quelle offerte dalle numerose comunità montane (più volte indicate come obiettivo dei tagli) sembrava destinato a una definitiva eliminazione, tuttavia la mobilitazione di esponenti politici di diversi schieramenti ha fatto che l’Ente Nazionale della Montagna diventasse Istituto nazionale della montagna per un costo del salvataggio di 490mila euro l’anno.
Resistono Enti che destano particolare scalpore per la loro lontanissima origine e la loro anacronistica funzione, ereditati persino dal passato monarchico e fascista, tra i quali l’Istituto di beneficenza Vittorio Emanuele III, varato nel 1907, per assistere gli ufficiali delle Forze armate e della Finanza con i loro familiari; l’Ente per il patronato pro-ciechi intitolato alla Regina Margherita e l’Istituto nazionale dei ciechi creato da Vittorio Emanuele II; L’Opera nazionale dei figli degli aviatori; l’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia dei fanciulli; l’Opera nazionale combattenti.
Si registrano poi sprechi campanilistici come l’istituto per la conservazione della gondola e la tutela del gondoliere o l’Istituto storico per l’identità della lingua dei ladini; o ancora Enti come il Centro piemontese per gli studi africani e l’ente campano per lo studio dei materiali plastici per i poteri di difesa della corrosione.
Fonti
http://www.nonsprecare.it/enti-inutili-in-italia-elenco-costo
Lascia un commento