(da http://www.huffingtonpost.it/)-
È un “no” che lascia immutata l’ambiguità del Nazareno sull’Impero. Per questo a Mediaset non viene vissuta come un sisma la garbata risposta di Matteo Renzi su Rai way: “Il governo – detto il premier – ha messo delle regole su Rai way che non intende modificare. Punto”. Soprattutto perché il “no” garbato non solo lascia la possibilità a Berlusconi di diventare socio, sia pur di minoranza, del pubblico. Ma è anche accompagnato da parole che suonano quasi come una apertura, su altri dossier: “Dovrete abituarvi a considerare le operazioni di mercato per quello che sono non operazioni politiche, ma di mercato. Perché il mercato sia rispettato occorre la libertà di chi sta sul mercato e il rispetto delle regole”.
Dunque, Mediaset non è uno spettro, ma un attore di mercato né il Milan che si vuole comprare l’Inter (per dirla con Bersani). E – chissà – forse una squadra, come dicono proprio a Mediaset, “con cui si può costruire uno stadio assieme. E lo stadio in questione, per restare in metafora, è la riforma della Rai. È questa la madre di tutte le battaglia per Berlusconi. Rai way è solo un fronte. Non è un caso che da giorni tutto il suo quartier generale picchi duro sulla necessità di non toccare la legge Gasparri. Che tradotto significa non mettere in discussione il duopolio Rai-Mediaset, il vero stadio che ha garantito i campionati berlusconiani. E al segnale garbato su Rai way corrisponde un altrettanto garbato segnale di palazzo Chigi sulla Rai, nel senso che gli azzurri vicini al dossier non vedono segnali ostili sulla riforma annunciata da Renzi. Il premier – per carità – lancia qualche avvertimento, fa trapelare che sta gestendo “in prima persona” la riforma della Rai. Raccoglie suggerimenti, idee, proposte: “Renzi è in fase creativa” ripetono i suoi. Fa trapelare che naturalmente vuole la Rai efficiente, competitiva, innovativa: “Non è possibile che Rai fiction fa pena e Sky produce Gomorra e la vende in 60 paesi”.
Già, efficienza. Finché si parla di centralità del servizio pubblico, l’ex premier non avverte alcun pericolo. Il pericolo scatta qualora Renzi volesse usare la Rai per “rendere competitivo il mercato” impattando sulle pubblicità. Segnali che, al momento, non arrivano. Né arrivano segnali ostili sull’altro dossier che sta a cuore a Berlusconi, ovvero la vendita di Mediaset premium a Murdoch per sistemare i conti di Fininvest. All’operazione l’ex premier lavora da mesi, anche attraverso Tarak Ben Ammar che fa da mediatore tra Berlusconi e Murdoch. E il governo per ora non si è messo di traverso, dicendo che non ci può essere un monopolio della tv a pagamento.
Ecco, al netto della frattura del Nazareno politico, l’attivismo delle aziende di Berlusconi non ha mai avuto questa latitudine negli ultimi anni. A partire dalla vicenda Rai Way considerata tutt’altro che chiusa. La linea scelta da Mediaset è “nessuna riposta” ma gli uffici legali di Mediaset sono a lavoro per spiegare come la questione sia tutt’altro che chiusa e che la determinazione a mantenere il 51 per cento in mano pubblica non sia un ostacolo insormontabile. Nel decreto della presidenza del Consiglio c’è infatti una formulazione che non pare ferrea, visto che è scritto “si ritiene opportuno” che il 51 per cento resti pubblico. E sui possibili margini di azione sono al lavoro i legali Mediaset.
In molti, anche dentro il Palazzo, sottolineano come attorno alle aziende del Capo si avverta un’aria nuova. Anche dopo l’offerta di Mondadori su Rcs e l’Opas su Rai way, la borsa festeggia. E analisti e banchieri prevedono un attivismo crescente. Il settore dove si attende la prossima “mossa” sono le telecomunicazioni, la convergenza tra tv e telefonia. Il nome di Tarak Ben Ammar porta a Murdoch sulla tv e a Vincent Bollorè, azionista di Telecom, con cui Berlusconi ha un’interlocuzione privilegiata.
L’impresa, per Berlusconi, è come il privato per Lenin: è politica. E non è mai scissa dalla politica, nel senso del ruolo di Forza Italia. Fonti degne di questo nome non leggono questa fase come una “dismissione” del Berlusconi politico a vantaggio di un ritorno puro al ruolo di “Sua Emittenza”. Anzi, proprio questa nuova effervescenza di sua emittenza è frutto dell’ambiguità del Nazareno: i no sono garbati, di conflitto di interesse non si parla, la riforma della Rai non si annuncia punitiva. Ed è pure arrivata la responsabilità civile dei magistrati. Ci sta, come prevede qualcuno di informato a corte che dopo le regionali riprenderà il dialogo con palazzo Chigi sui dossier parlamentari.
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