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L’ Incompiuta di Mario Monti

21 Marzo 2013 by Redazione Lascia un commento

(di Agostino Pietrasanta- dal sito www.cittafutura.al.it)-

Le ultime mosse di Mario Monti vengono giudicate negativamente, nel migliore dei casi dettate da incomprensibile confusione; forse sarebbe più giusto dire che, non particolarmente navigato nelle questioni di tattica e di assetti politici, ha giocato male le carte di una scalata ai vertici istituzionali. Ci dispiace ammetterlo perché il personaggio merita stima per più di un motivo, ma la combinazione tra fame di potere ed imperizia dei giochi sedicenti politici gli ha teso un tranello; meglio, li ha usati per un tranello che ha teso a se stesso. Peraltro non si giustifica come abbia fatto a non rendersi conto che non si poteva, in nessun caso, lasciare il paese senza un presidente del consiglio, sia pure per la sola ordinaria amministrazione; figurarsi poi un paese in situazione di stallo e di sballo al contempo.

Eppure il premier ha marcato la più straordinaria delle “incompiute” per ben altri e più complessi motivi.
Penso abbiano ragione coloro che sostengono la situazione di precarietà che attraversa l’esperienza del bipolarismo, qualcuno più radicale ne denuncia il definitivo fallimento. In realtà il governo Monti ne è stata l’espressione più manifesta ed esplicita: per tirare il Paese lontano dal baratro si è dovuti ricorrere ad un esecutivo che ha messo a nudo l’incapacità dei due poli tanto di destra, quanto di sinistra di governare il Paese; per la verità in quel momento si era squagliato, come nebbia al sole, il progetto di una destra sedicente liberale, ma nel contempo la sinistra in Parlamento non era in grado di esprimere un esecutivo. Peraltro, quando la sinistra era stata al potere, aveva anch’essa dichiarato fallimento, soprattutto per il blocco ideologico delle componenti radicali. In ogni caso, la palese incapacità dei due corni del bipolarismo ha dato vita all’esperienza del governo tecnico. La stessa scelta di Bersani di non sfruttare il momento favorevole per una sicura e consistente vittoria elettorale, nel novembre del 2011, se da una parte depone a favore della indubbia serietà del personaggio, ne denuncia anche l’incapacità consapevole ad esprimere una leadership, sia pure per motivi di contesto, non del tutto imputabili alla persona.
Nel corso di un anno o poco più, si è chiarita una straordinaria incapacità delle forze politiche di stare ai patti; mentre infatti il governo, ora bene ora male ed ora peggio operava, il Parlamento non faceva niente e non faceva soprattutto le riforme che a voce tutti invocavano.
Appunto: il completo fallimento dei poli che si ponevano a confronto nelle due camere. Tale fallimento tuttavia era a monte e cioè nella formazione fallimentare o incompiuta dei partiti che avrebbero dovuto supportare il bipolarismo e ciò indipendentemente dal consenso che ancora, in mancanza di meglio, riescono a ramazzare. La destra, sedicente democratica, ha continuato a rappresentare gli interessi personali di un leader e la salvaguardia di alcuni potentati in totale disprezzo del senso dello Stato e delle regole condivise della democrazia; la sinistra ha ripresentato la sua esperienza condizionata da un pregiudizio ideologico che ha costituito la tomba del Partito democratico (P.D.) e delle speranze di parecchi di noi.
Di qui Monti avrebbe dovuto ripartire; prendere atto di una disfatta epocale ed agire di conseguenza. La sua stessa “discesa in politica” avrebbe potuto trovare una giustificazione; probabilmente non sarebbe stata esperienza maggioritaria, ma sicuramente ben più consistente di quanto non sia stato il consenso elettorale acquisito. Questo presupponeva che non si arraffasse nel bacino dei fallimenti altrui (mi chiedo come far coesistere alcune esperienze del cattolicesimo democratico, presenti in”lista civica”, con Fini e col trasformismo di Casini) e si puntasse ad una forma di partito autonomo, fondata sul senso dello Stato e sulla formazione di una democrazia sostanziale; una democrazia che promuovesse il merito a servizio della crescita complessiva. Le forze c’erano, tanto che in periferia alcune di esse si sono  espresse, ma non si può lavorare in periferia, se non c’è una sintesi ed una leadership al centro. E forse sarà opportuno tenerne conto anche per un eventuale quanto incerto e forse improbabile futuro.
Non sono tanto ingenuo da non tenere conto dello scenario reale; non sono tanto sprovveduto da non vedere che comunque le forze dell’attacco alla politica avrebbero comunque raccolto un consenso cospicuo, ma probabilmente si sarebbe evitato il blocco istituzionale, se il successo delle forze della conservazione e dell’antisistema fosse stato più contenuto.
Ed arriviamo sul serio al punto o, se si vuole, alla conclusione. In fondo è bastato che il cavaliere promettesse di restituire l’IMU e poche altre agevolazioni per fare centro; è bastato che un teatrante urlasse che bastava evitare di pagare i debiti contratti per raccogliere un consenso devastante per i necessari procedimenti istituzionali.
Tutti si rendono conto della situazione conseguente, ma nessuno si chiede perché. Il fatto è che la democrazia, e secondo il dettato della Carta costituzionale, o è concreta, sostanziale e progressiva o non è. O si pongono in essere tutti gli strumenti che rendono il cittadino capace di scelte consapevoli o si costruisce sulla sabbia, si rispettano magari le regole, ma nessuno le realizza nel concreto. Si da libertà di lavoro, ma non si crea lavoro, si da libertà di formazione, ma i capaci e meritevoli, se privi di mezzi, non vanno a scuola, si proclama la libertà della cultura, ma non si approntano gli spazi per il suo sviluppo, si promette crescita, ma non ci sono disponibilità perché i migliori con la ricerca e non già col privilegio, contribuiscano alla promozione comune ed all’integrale sviluppo della persona e di ogni cittadino.
Questo è il punto. Un elettore formato non si lascerebbe abbindolare dalle promesse del cocomeraro. Monti non aveva certo tempo e disponibilità per concludere un processo tanto complicato, ma aveva l’occasione per aprire un capitolo nuovo.
Un’ultima cosa, anche se dovrò ritornare sul punto: non c’è rappresentanza se non si individua il suo soggetto. Un partito che voglia fare sintesi delle cose dette non può indebolire il ceto medio oltre un certo limite; l’esecutivo dei tecnici ha colpito lì. Sulle prime non poteva forse evitarlo, ma dopo doveva valutare il problema con più discernimento. Se remavano contro forze troppo ingombrati, era proprio su quel punto che si sarebbe dovuta esprimere la consistente rilevanza di una vera leadership.
E sotto questi punti di vista, se non anche per altri motivi, l’operazione Monti risulta fallimentare o almeno del tutto “incompiuta”; nessun richiamo, ovviamente, alla musica incomparabile di Franz Schubert.
18/03/2013 22:59:19

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