“La destrutturazione dello spazio politico” porta inevitabilmente al diritto privato. Non più soggetti collettivi, Partiti ma individui liberi siedono al tavolo del-le trattative e stabiliscono accordi che soddisfano i contraenti”. Qualsiasi prospettiva strategica si contrae al tempo dell’utilità privata.
I Partiti hanno cambiato nome, hanno modificato il sistema elettorale ma non hanno progettato ne nuove istituzioni ne conseguentemente nuove relazioni dei cittadini e dei partiti con le istituzioni.
E questo non ammette nessun “corpo di riferimento” (Partiti, sindacati, rappresentanze autonome…”)
In questo “spazio” si impone il manager; è infatti solo la tecnica, la gestione, l’amministrazione che contano in questo “nuovo spazio politico”..
Anche l’Istituzione Parlamento è entrata in crisi; impotente rispetto a logiche privatistiche di gestione del potere. E l’opinione pubblica vede nel tecnico la “soluzione” e nel politico un inutile fardello.
Se Il passaggio da un “ Repubblica all’altra” è definibile solo se muta l’assetto istituzionale possiamo constatare che il sistema dei partiti non intende cambiare l’as-setto istituzionale della Repubblica come progettato dalla Costituzione del 1948.
Questo perché l’attuale sistema conferisce ai partiti e alle ristrette élites che li controllano poteri enormi sullo Stato Politico e sullo Stato Amministrativo. C’è da chiedersi perché la “patria” la “comunità nazionale”, il “bene comune” non fanno a tutt’oggi “coscienza pubblica “ solo perché sono “ beni partitizzati” !
La stessa “Corte Costituzionale ( art. 71 COSTITUZIONE) si pone come cane da guardia della Repubblica vigente al punto da bocciare persino il doppio turno.
Tutto ciò richiede una riforma radicale se non vogliamo che alla crisi della Democrazia rappresentativa nelle forme che finora abbiamo conosciuto si passi alla fine della stessa Democrazia; in un regime di contrattazioni tra poteri economici, finanziari, mediatici che di volta in volta assumono la figura di questa o quella “loggia”, questo o quel tecnico-manager.
I “Grandi Spazi Imperiali” fatti da Finanza, economia, Progresso tecnico scientifico, esprimono una grande direzione intellettuale e morale attraverso strumenti come la scuola ed i mezzi di comunicazione di massa per influenzare la visione del mondo di cittadini senza potere.
Questi “Spazi” esprimono ed esprimeranno ”un dominio molto soft, contenti di lasciarci chiaccherare di patria, identità, e sovranità, se questo serve a tenerci addomesticati.”
Stabilire “Che cosa è vero” e “cosa è falso”, “cosa è giusto e cosa è sbagliato” è compito solo di questo potere e l’uso quotidiano ed “esasperato” dei Social Network come strumento di costante propaganda è l’esempio di direzione intellettuale e morale.
E’ l’egemonia dei “gruppi di potere” ( “Grandi spazi Imperiali”) che con una forte narrazione crea bisogni e paure fittizi alimentando la guerra tra gli ultimi e sentimenti di intolleranza e xenofobia.
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Se i cittadini, privi di potere, abbracciano una visione del mondo che non na-sce dalle loro esigenze il loro agire contraddice i loro stessi bisogni.
- un lento processo, cui assistiamo, in cui si verificano cambiamenti economici, politici e sociali senza il “coinvolgimento” delle masse. Per questa ragione è indispensabile sviluppare una visione alternativa del mondo e della società che critichi il senso comune per trasformarlo in buon senso
Perché “il senso comune” è portato a credere che ciò che oggi esiste sia sempre esistito”, caratterizzandosi come conservatore e tradizionalista mentre Il “buon-senso” ha invece un significato positivo nel momento in cui si oppone al senso comune, rispondendo alle esigenze reali dei cittadini senza potere. La destruttu-razione nello spazio politico con una fortissima opera di disintermediazione rende i cittadini “spettatori e non protagonisti” della politica, un insieme anonimo di followers ed una “Coscienza Pubblica” che ha smarrito il senso del Bene Comune!
Il leader forte e carismatico dalla grande capacità oratoria instaura un rapporto diretto e viscerale con i suoi sostenitori con il solo scopo di conservare il potere e lo status quo. La sua immagine di uomo del Popolo inganna con una semplicità e genuinità costruita a tavolino; non stimola una riflessione critica ma la evita. Ciò è il regime plebiscitario.
- assolutamente indispensabile quindi sviluppare, proporre una propria egemonia, autonoma e alternativa; per questo sosteniamo che una classe dirigente diventa tale quando sa indicare una soluzione concreta dei problemi e una diversa visione del mondo già prima di conquistare il potere.
Ci appelliamo a intellettuali veri in grado di indicare una direzione ai cittadini, ci ap-pelliamo a dirigenti capaci ed educatori che sappiano guidare un processo in grado di invertire questa disastrosa tendenza.
Questo Paese ha bisogno di una GRANDE OPERAZIONE VERITÀ a cominciare dalle ragion profonde, storiche che hanno prodotto nel nostro paese una grandissima incultura politica.
..”La rivoluzione digitale non è un puro strumento è un cambiamento di para-digma”.
La società digitale è caratterizzata dalla disintermediazione, dal superamento della rappresentanza, dalla decisione politica diretta, senza bisogno di media-tori, sono negate in radice le élites della politica e della conoscenza, ma non le élites del potere economico.. alle quali appartengono i padroni della rete ( i Grandi Spazi Imperiali.)!
L’inganno più pericoloso è la disintermediazione. Non si tratta di cancellazione dei mediatori, ma della loro sostituzione PERICOLOSA ed occulta.
Non è in corso una disintermediazione; è in corso una re-intermediazione.” Aggiungiamo che in un’epoca di velocità digitale e di insofferenza per il profondo assistiamo peraltro ad una pericolosissima evoluzione dell’idea e della pratica della democrazia. Una Democrazia che si regge non su concetti realmente esistenti ma su finzioni una democrazia “immediata”, “veloce”, “semplice.
Il passaggio da una società all’altra in Italia è più problematico perché c’è meno consapevolezza e cultura del digitale. Abbiamo bisogno di nuove culture politiche, consapevoli del cambiamento, per garantire democrazia, diritti e fiducia nella società digitale.
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Per questo occorre, prima di tutto, dare risposta a due domande :
QUALE SOCIETÀ VOGLIAMO? QUALE DEMOCRAZIA VOGLIAMO? e dare
un senso, un significato al nostro vivere insieme.
La diffusione di internet (che in Italia è ancora molto bassa) potrebbe indurre in errore nel pensare ad una comunità di decisori in cui tutti decidono su tutto. Ma internet rimane uno strumento formidabile di trasmissione di conoscenza (almeno di informazioni) e come tale tutti possono/potranno consapevolmente approfittarne. Un “tutti” che non vuole essere un assoluto ed “indistinto” parametro di partecipazione ma può costituire una garanzia nei confronti di pericolose involuzioni oligarchiche. Coniu-gando quindi la consapevolezza di questa “partecipazione conoscitiva” con un nuovo sistema di delega si può pervenire ad una democrazia rappresentativa “vera”.
La rappresentanza è quindi La chiave di volta di questo sistema.
Noi crediamo che ci DEBBA essere spazio per la rappresentanza nella società digitale. Ma questo non ci esime dal dover “rendere pubblici, controllabili e scalabili i nuovi mediatori” La rappresentanza oggi garantisce al cittadino un voto, dopo di che il nulla sul piano del controllo e della costruzione delle decisioni. Finzione di un gioco delle parti “democratico” “E’ fittizia infatti la cessione di sovranità con il voto… non è realistica l’uguaglianza: siamo uguali solo in quanto viene a tutti di mettere una croce sulla scheda , poi l’uguaglianza si esaurisce.
La formazione di una opinione pubblica informata che è il presupposto di una libera scelta politica non puo’ prescindere dal contrastare stereotipi, informazioni manipola-te, notizie false e non controllabili.”
La rappresentanza di cui “parlano i cittadini” è quella che garantisce la partecipazio-ne alla riscrittura, ormai indifferibile, delle regole del nostro vivere insieme, della for-ma dello Stato.
Il piano inclinato che da più parti si evoca è “accidentato” e quindi non inevitabilmente con in fondo un evento drammatico come guerra o crisi finanziaria ma con la assoluta necessità di un “cambiamento istituzionale”.
E’ giunto il momento di riscrivere nuove regole del nostro vivere civile, di apri-re una nuova fase costituente e questo lo possono fare solo i cittadini.
E’ vero che i grandi cambiamenti avvengono su impulsi d’elite ma sono destinati al fallimento o al non compimento se le “persone” non se ne impossessano.
Concretamente prima della decisione ultima (il voto) le persone debbono decidere della loro volontà di impossessarsi dei processi decisionali che influenzeranno la loro vita, che decideranno del bene comune.
L’iscrizione, al raggiungimento della maggiore età, alle liste elettorali non può più es-sere sufficiente ad esprimere “Democrazia” e un governo del popolo, in una società profondamente mutata e complessa non può essere affidato solo e totalmente, a “questi” corpi intermedi.
Concretamente quindi solo l’iscrizione ad un Pubblico Registro degli Elettori su richiesta delle persone che intendono partecipare di volta in volta, esprimendo precisa delega, alla formazione della “governance” di questo Paese potrà garantire il passaggio alla Democrazia del terzo millennio.
La Dichiarazione Pubblica di Volontà delle persone è quindi l’atto primo della formazione della decisione; è l’atto che sancisce l’esercizio del diritto di voto in modo cosciente e consapevole.
Affrontare quindi le questioni che segnano questa crisi epocale da parte di persone consapevoli e coscienti può fare la differenza tra soluzioni condivise e soluzioni imposte.
Riprendere e cambiare quindi l’art. 49 della Costituzione finalizzato, in “quell’epoca storica“, alla costruzione dei corpi intermedi che si chiamano “partiti”, oggi total-mente inadeguati ad assolvere al compito per il quale erano stati costituiti; e respingere altresì contemporaneamente il processo di de-intermediarizzazione e/o di re-intermediazione.
Se questo Paese deve essere riscritto, se questa Europa deve essere costruita ciò può avvenire soltanto se tutti, in prima persona, si dedicheranno a questa riscrittura e a questa costruzione.
La Dichiarazione pubblica di volontà si concretizza quindi in momenti di confronto sulle “questioni” e contestualmente si pone l’obiettivo di giungere ad una sintesi della rappresentanza su due (solo DUE !!) soggetti, garanzia di alternanza al governo del-la cosa pubblica. Due corpi intermedi che rappresenteranno le politiche che governeranno la cosa pubblica. Quartiere per Quartiere, Comune per Comune, Provincia per Provincia, Regione per Regione solo attraverso la Dichiarazione Pubblica di Volontà dei cittadini e con precisa Delega si costruiscono i corpi intermedi del terzo millennio.
- necessaria quindi una iniziativa di tipo culturale prima ancora che politica in senso stretto che affronti l’Operazione Verità di cui sopra e “lanci” una nuova fase costituente, o se vogliamo, un nuovo Rinascimento basato sui Principi e sui Valori dell’uguaglianza e della responsabilità.
ALLEGATO REFERENDUM
Non ci appassiona assolutamente la questione “ Referendum sulla riduzione del numero dei Parlamentari” conoscendone la genesi populistica.
La riduzione del numero parlamentari è infatti il falso problema che non tocca affatto il “principio” della rappresentanza.
Il numero ridotto riduce certamente il “tasso di rappresentanza” sul territorio ma non cambia in nulla l’impianto della Democrazia in questo Paese.
Per questa ragione lo schierarsi con il fronte del “NO” ci consente di proporre nel dibattito che si svilupperà la nostra posizione sulla rappresentanza e sulla democrazia.
- fortissima La voglia di “Proporzionale” da parte ..”di chi non vince e non perde mai ma riesce a sedersi al tavolo ma negozia sempre “
E non è di una “democrazia decidente” di cui parliamo ma di una DEMOCRAZIA del Terzo millennio, di una Democrazia che superi/risolva il conflitto, come recitava una vecchia canzone popolare, tra “chi ha il potere e chi invece non ce l’ha”.
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Arcipelago,
per il futuro del Paese e del territorio…
…per dare voce a chi non si rassegna
…è luogo delle idee e progetti
Trasforma le idee in risposte concrete
Vuole aiutare la politica nel disegnare il futuro
Vuole sollecitare la politica a reagire
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