(di Piero Ignazi- da http://www.repubblica.it/)-
CHI si illudeva che ci fosse ancora una destra “moderata” in Italia, ieri si è dovuto ricredere. Sul palco di Bologna, di fronte ad una piazza Maggiore stracolma di manifestanti con le bandiere leghiste, è avvenuto il passaggio di consegne tra Berlusconi e Salvini. È il leader leghista il rappresentante accreditato della destra, di tutta la destra, acclamato dalla folla in questa sorta di Pontida rossa.
SALVINI ha ricevuto il bastone del comando come un generale sul campo. Al suo fianco, sopportato a stento dalla piazza, il vecchio leader di Forza Italia ha plasticamente evidenziato la fine di una storia.
Berlusconi ha certo incarnato quel sottofondo malmostoso di una Italia antipolitica e qualunquista, insofferente di regole e norme, desiderosa di farsi gli affari propri senza tanti impicci e soprattutto ostile in maniera pavloviana a tutto quanto suonasse di sinistra. Ma non è stato solo questo. Ha anche accorpato una Italia moderna e fattiva, dinamica e produttiva con una Italia casalinga e teledipendente, periferica e poco istruita. Il miracolo di unire gli opposti, già realizzato nel 1994 quando fece convivere sotto lo stesso tetto la Lega con “la porcilaia fascista” (così Bossi chiamava An), si è poi ripetuto nel tenere assieme elettorati così diversi da nord a sud , dai piani alti della società a quelli più bassi. In questo, aiutato da avversari inetti e litigiosi. C’era comunque una Italia disposta a farsi cullare dal miraggio di un nuovo miracolo economico e di una rivoluzione liberale, e a credere che solo la congiura dei poteri forti e dei subdoli comunisti impedisse di realizzare quei propositi. Con la grande crisi quell’Italia ha smesso di illudersi. E si è incattivita. Sia perché i problemi che i cittadini affrontano ogni giorno sono diventati molto più seri e stringenti, sia perché le sfide culturali dell’immigrazione e della secolarizzazione mettono in tensione l’elettorato più esposto di fronte a questi mutamenti e meno attrezzato nel gestirli. Lo spaesamento è grande in coloro che ne subiscono direttamente i contraccolpi. E costoro cercano sicurezze. Il populismo in versione leghista offre tanto certezze semplici e spendibili, quanto capri espiatori su cui sfogare le ansie. Mentre la protesta grillina si indirizza verso “un nuovo modo di fare politica” ed è centrata sui temi della rappresentanza onesta, oltre che su provvedimenti di giustizia sociale come il reddito di cittadinanza, quella leghista offre il caldo abbraccio della comprensione delle ansie sociali e della protezione rispetto ad un mondo “aperto”.
L’Italia berlusconiana non esiste più da tempo e l’uscita di scena del leader di Forza Italia non è dovuta alla sua condanna giudiziaria. È che si era rarefatta la base sociale su cui innestare narrazioni miracolistiche. Berlusconi spandeva ottimismo a pieni mani e prefigurava futuri radiosi come i suoi sorrisi. Ora tutto questo non ha più senso. È il tempo della risposta dura e della faccia feroce: è il tempo della ruspa. Salvini e la sua Lega risorta mettono la sordina alla identità localista, relegata ormai a folclore, e puntano tutto sulla protesta del popolo onesto e lavoratore, maltrattato da una classe politica arrogante, autoreferenziale e indifferente ai problemi degli “italiani”, ma prodiga nei confronti degli immigrati e lassista verso i delinquenti. Immigrazione e sicurezza, Islam ed euro, banchieri e politici, target tradizionali della politica leghista identificano ora la destra, tutta la destra. La resistenza di Fitto rappresenta solo un’area di notabilato meridionale incapace di parlare a tutto il paese, così come irrilevanti sono i distinguo e le irritazioni di alcuni esponenti berlusconiani. Quel mondo ha esaurito la sua carica propulsiva. Oggi la destra italiana assume il connotato lepenista di un populismo arrembante e demagogico. I moderati, ammesso e non concesso che ne esistano in proporzioni significative, non hanno casa. La pulsione estremista della destra, rimasta sottotraccia per molto tempo nell’epoca berlusconiana, si dispiega oramai in tutta la sua potenzialità. E la polarizzazione del sistema partitico italiano aumenta di livello.
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