(by Lafayette)-
Nel corso degli avvenimenti storici le analogie o i parallelismi devono essere presi con le pinze, poiché ogni epoca condensa linee guida e di pensiero proprie del tempo. Tuttavia, per alcune caratteristiche che albergano nell’animo umano – generalmente inteso – in qualche modo definite “universali”, ossia valide comunque, in ogni luogo e sempre, come il sentimento religioso o la volontà di potenza, certune eccezioni, sebbene con cautela, si possono prendere in esame. Scorrendo i fatti inerenti a quello che sta attualmente accadendo in Medio Oriente, ovvero il conflitto all’interno del mondo mussulmano tra Sunniti e Sciiti, ciò mi fa tornare in mente il terribile periodo che visse l’Europa nella guerra dei trent’anni (1618/48), nel corso della quale si videro contrapposti – principalmente sul suolo tedesco – le armate cattoliche contro quelle dei protestanti. Un altro insegnamento conseguente a quel devastante conflitto europeo, da cui si può trarre il probabile sviluppo di ciò che accadrà – o si sta già profilando – in MO, inerisce la modifica delle finalità del conflitto stesso: la sua trasformazione da un’iniziale feroce contesa religiosa a una susseguente lotta acerrima tra le grandi potenze scese in campo a fianco degli originari contendenti per rivendicare il proprio predominio spaziale. La pace di Vestfalia che pose fine alla guerra dei trent’anni e che contemporaneamente segnò l’inizio del lungo cammino della tolleranza religiosa in Europa, nei fatti non fu una vittoria “religiosa”, bensì un sonante trionfo politico della cattolicissima Francia di Richelieu alleata con la luterana Svezia di Gustavo Adolfo ed alcuni principati tedeschi anch’essi di fede riformata contro l’imperatore Ferdinando d’Asburgo, Massimiliano di Baviera e il decadente regno spagnolo. Sunniti e Sciiti si combattono ferocemente sin dal 1980 da quando l’Iraq sunnita di Saddam Hussein, appoggiato dalle potenze occidentali e dall’Arabia Saudita, tentò di spezzare la rinascita sciita iraniana. Il successivo intervento diretto degli USA e i suoi alleati negli anni a seguire finalizzato principalmente al controllo e lo sfruttamento delle risorse energetiche, anziché volto a stabilizzare la regione, ha creato un groviglio d’interessi contrapposti, oltre a profondi reciproci risentimenti, da cui allo stato attuale è quasi impossibile stabilire una reale dicotomia tra amico e nemico.
Alcuni soggetti (tra cui DAESH), generati per combattere una guerra per procura sunnita contro le due potenze regionali sciite (Siria e Iran), oramai sfuggiti al controllo dei loro ispiratori, hanno acquisito nel breve una dimensione propria “eroicamente” anti-occidentale, a tal punto che stanno modificando in peggio la natura del conflitto originario. Per di più il corrente sostegno della neo-ottomana Turchia alla causa sunnita, non solo in funzione anti curda ma anche come attore interessato a conquistare influenza nell’area, corre il rischio di far accendere la miccia di un’esplosione globale. E’ triste dirlo, ma i fatti di Parigi sono solo da considerarsi come “danni collaterali” rispetto al grande caos che si sta sviluppando in MO, così come lo fu la peste manzoniana (1630) in Italia durante la guerra dei trent’anni che dilaniò in misura prevalente il suolo tedesco. Fa bene il nostro governo a starsene al di fuori da questo bubbone purulento: non abbiamo alcunché da guadagnare e tutto da perdere nel farci coinvolgere in una sanguinosa e incerta avventura, poiché i morti, checché si dica, non sono ancora “europei”, bensì italiani, francesi e inglesi. La nostra priorità deve essere orientata verso un maggior e assiduo controllo interno, soprattutto nei confronti del fenomeno terroristico, senza tralasciare quello di tipo immigratorio a cui finora si è prestato poca attenzione. A corredo di questa anteprima, ritengo che sia proficuo per capire meglio tanto le cause quanto gli epiloghi di “presunti” conflitti religiosi di vasta portata come l’attuale in MO, inserire due testimonianze esterne. La prima è tratta dalla The New Cambridge Modern History[1] in cui viene descritto, in base ai documenti redatti dagli storici dell’epoca, lo stato d’abbandono della popolazione europea al termine della guerra dei trent’anni nel 1650.
Effettivamente, forse neppure una sola regione era scampate alle traversie inflitte dagli eserciti invasori e dalle bande indisciplinate di soldati predatori e, ancor più, dalla fame e dalla pestilenza. Esistono innumerevoli resoconti contemporanei sulle atrocità di quegli anni…….Le incisioni dell’artista lorenese Callot danno un quadro efficace delle case di campagna incendiate e dei contadini torturati…..uno storico contemporaneo ha calcolato che la popolazione della Germania diminuì del 40% nelle campagne e del 33% nelle città.
La seconda riporta una succinta ma chiara spiegazione che illustra le differenze teologiche tra sciiti e sunniti, pubblicata dal The Economist[2]. Anche qui troverete alcune interessanti analogie rispetto alle quali Cattolici e Riformati per le stesse ragioni dottrinali si sono “macellati” a vicenda per più di un secolo (1520-1648) per poi giungere alla conclusione che entrambe le confessioni sin da subito avrebbero potuto convivere pacificamente sullo stesso territorio.
What is the difference between Sunni and Shia Muslims?
Gli scontri tra le due grandi sette dell’Islam, i sunniti e gli sciiti, si svolgono in tutto il mondo musulmano. In Medio Oriente un potente mix di religione e politica ha acuito il divario tra il governo sciita iraniano e gli Stati del Golfo, i quali hanno governi sunniti. L’anno scorso un rapporto della Pew Research Center, un think tank, ha rilevato che il 40% dei sunniti non considerano gli sciiti dei veri mussulmani. Quindi, che cosa divide esattamente il sunnita dallo sciita e fino a quanto è profonda la spaccatura?
L’argomento risale alla morte nel 632 del fondatore dell’Islam, il Profeta Maometto. [Le tribù] tribali arabe che lo seguirono furono divisi su chi avrebbe dovuto ereditare ciò che fu considerato come una guida sia politica sia religiosa. La maggioranza, che sarebbe diventata in seguito nota come i sunniti, e che oggi costituisce l’80% dei musulmani, sostenne Abu Bakr, un amico del Profeta e padre di sua moglie Aisha. Altri pensarono a un parente di Maometto come successore legittimo. Costoro sostennero Alì, cugino e genero del Profeta consacrato da quest’ultimo, da cui derivarono gli sciiti, una contrazione di “shiaat Ali“, i partigiani di Ali. I sostenitori di Abu Bakr trionfarono, anche se Ali brevemente governò come quarto califfo, il titolo trasmesso ai successori di Maometto. La divisione dell’Islam fu cementata quando il figlio di Ali Hussein venne ucciso nel 680 a Karbala (nel moderno Iraq) da parte delle truppe del governo del califfo sunnita. I governanti sunniti continuarono nel tempo a monopolizzare il potere politico, mentre gli sciiti vivevano all’ombra dello Stato, rivolgendo la propria attenzione verso i loro imam nelle vesti di guida spirituale, i primi dodici dei quali discendevano direttamente da Ali. Col passare del tempo le credenze religiose dei due gruppi iniziarono a divergere.
Oggi nel mondo circa 1,6 miliardi di musulmani sono tutti d’accordo che Allah è l’unico Dio e Maometto il suo messaggero. Essi seguono i cinque pilastri rituali dell’Islam, tra cui il Ramadan, il mese del digiuno, condividendo il libro sacro, il Corano. Ma mentre i sunniti fanno molto affidamento sulla pratica del Profeta e dei suoi insegnamenti (la “sunna”), gli sciiti considerano i loro ayatollah come il riflesso di Dio sulla terra. Ciò ha portato i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia, mentre questi sottolineano che il dogmatismo sunnita ha generato sette estremiste come i puritani wahhabiti. La maggior parte delle sette sciite pone l’importanza sulla convinzione che il dodicesimo imam, ossia l’ultimo, sia nascosto (si chiama “in occultazione”) e riapparirà un giorno per compiere la volontà divina. Nel frattempo, il loro senso di emarginazione e di oppressione gli ha portati a celebrare luttuosi rituali come l’Ashura, quando i seguaci si flagellano per commemorare la morte di Hussein a Karbala.
Non c’è mai stato uno scontro tra sciiti e sunniti sulla scala della Guerra dei Trent’anni, che vide le sette cristiane combattere tra di loro nel 17° secolo in Europa con grande perdita di vite umane. Questo in parte perché gli sciiti, sempre memori della loro condizione di minoranza, ogniqualvolta si ritrassero. Le linee che dividono i musulmani nel Medio Oriente di oggi sono in corso di elaborazione tanto dalla politica quanto dalla religione. La “Mezzaluna sciita” che va dall’Iran, attraverso il regime di Assad a Damasco fino agli Hezbollah in Libano, fu un tempo lodata dai rappresentanti sunniti. Ma le rivoluzioni accadute nella regione hanno snocciolato governi sciiti contro gli Stati sunniti del Golfo come l’Arabia Saudita e il Qatar, i quali hanno sostenuto i loro correligionari con denaro. Questo, se nel contempo rafforza l’assertività sunnita, fa sì che gli sciiti si sentono più minacciati del solito. Sebbene, nella maggior parte dei casi, i membri delle due sette vivano ancora insieme in armonia.
[1] The New Cambridge Modern History, Volume IV, The Decline of Spain and the Thirty Years War, Cambridge University Press 1970
[2]http://www.economist.com/blogs/economist-explains/2013/05/economist-explains-19?fsrc=scn/fb/te/bl/ed/differencebetweensunniandshia
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