(dal sito http://ilmioblogdieconomia.blogspot.it)-
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paolo zoccola dice
Da tempo si registra un vuoto informativo preoccupante. Tutte le volte che sui giornali, nei discorsi, nei dibattiti, si affaccia l’ipotesi di uscire dall’Euro interviene immediatamente il sapiente di turno che la liquida in tre parole: “Sarebbe un disastro”. E paradossalmente anche chi propone questa scelta (per esempio Grillo) non si preoccupa di spiegarla.
Sarà anche vero ma questi pronunciamenti apodittici finiscono per creare una sorta di disagio. E’ mai possibile che nessuno si senta in dovere di spiegare per bene questo scenario? Ed è possibile che se qualcuno dedica ad esso qualche frettolosa riga che assomiglia piuttosto a una cupa profezia veterotestamentaria che a un ragionato discorso?
Insomma non ci sono i material per formarsi un’opinione. Cerchiamo allora di dare evidenza agli interventi come quello che pubblichiamo qui di seguito che un qualche ragionamento cercano di farlo. Ragionamento dal quale emerge uno scenario meno terrificante di quello prospettato dal pensiero unico.
Mirko Orsi dice
ho sempre sostenuto che l’assetto politico dell’Unione Europea cosi come lo abbiamo conosciuto fin ad ora si basa su un patto dove le istanze economico-finanziarie hanno la prevalenza rispetto ad una visione piu’ “democratica” piu’ rappresentativa delle necessita’ di tutti gli interessi presenti nella popolazione europea; puo darsi che Santoro abbia usato espressioni un po troppo apocalittiche (come è nel suo stile), ma condivido anche io che il processo di integrazione Europea sia irreversibile, a maggior ragione se questo processo, questo cammino ha come obiettivo gli Stati Uniti d’Europa dove finalmente i cittadini degli stati membri possono eleggere il Presidente della Commissione. Presidente e Commissione che gia’ ora di fatto prendono le decisioni che sono le linee guida di tutti i governi nazionali;
Volendo usare una terminologia populista ..questa “Europa delle banche”..,non puo’ essere sicuramente il punto di arrivo, non è pensabile che le decisioni prese a Bruxelles siano il frutto di accordi e mediazioni delineati al chiuso delle stanze assieme ai lobbisti dei grandi gruppi finanziari: l’obiettivo è quello dell’Europa immaginata nel “Manifesto di Ventotene” di Spinelli e Rossi, l’europa dei popoli, dell’integrazione socio-culturale prima che economica; detto questo trovo anti-storici e a volte pericolosi certi sentimenti nazionalistici e nostalgici dei bei tempi che furono..il mondo non potra’ mai piu’ essere quello di prima. Indietro non si deve tornare.
Giorgio dice
Alberto Bagnai è sicuramente il teorico più convinto dell’opportunità dell’uscita dell’euro. Al di là del suo carattere, sicuramente non facile (per come emerge dal suo blog), le tesi dell’economista sono fondate su solide basi e trovano riscontro in numeri studi internazionali (Kaldor e Krugman, tra gli altri).
Occorre comprendere che l’euro non è l’Europa. La Gran Bretagna e altri paesi sono sicuramente europei, anche se non hanno adottato l’euro. Chi, come Bagnai, propugna il ritorno alla lira auspica l’abbandono di un sistema istituzionale e finanziario che si è rivelato politicamente sempre più anti-democratico ed economicamente nefasto.
“Il tramonto dell’euro” non significa – per Bagnai – il ritorno ai vecchi nazionalismi. Significa piuttosto la demolizione di una costruzione venuta su male (e che porta, questa sì, a risentimenti tra i paesi europei “periferici” e quelli “nordici”), che rischia di annullare tutti i passi compiuti verso l’unione politica del nostro continente.
Bagnai è convinto che la richiesta di “più Europa”, in questo contesto, sia solo una pia illusione. Da qui la necessità di ricominciare da capo.
La posizione di Bagnai è molto lucida e radicale. Da parte mia, temo che – per la classe politica e dirigente che ci ritroviamo – si arrivi al punto che l’uscita dall’euro rappresenti a tutti gli effetti non solo l’unica soluzione, ma quella più vantaggiosa.
Ma in quel caso, la colpa non sarà di Bagnai, né degli euroscettici o di Grillo. Ma di chi ci avrà portato a quel punto.