(di Lafayette)-
Pare che negli USA si avverta l’inizio di un serio ripensamento sulle attuali politiche economiche e sociali che decorrono da quasi mezzo secolo. Normalmente l’onda che si forma sulle coste americane impiega un po’ di tempo per frangersi sulle opposte europee. Tuttavia, prima o poi il “cavallone” arriva e farà sentire anche qui da noi i suoi effetti. Ciò che da circa dieci anni è dibattuto all’interno di un determinato orientamento di pensiero dell’intellighenzia economica (Stiglitz, Krugman, Piketty, Skidelsky, ecc.) comincia finalmente a essere assorbito da un più attento sistema politico, il quale a sua volta, percependo il montante disagio sociale, ne fa argomento di disputa elettorale. Temi come la disuguaglianza, l’eccessiva invadenza del mercato, la finanziarizzazione dell’economia, gli effetti deleteri di una incontrollata globalizzazione, la riduzione del potere d’acquisto della classe media, la shoccante divergenza tra salari e produttività del lavoro, iniziano a trovare maggior apprezzamento non solo tra la classe dirigente occidentale, bensì acquisiscono sempre più centralità grazie all’opera di divulgazione dei media. Se ieri questo appello rimaneva udito con chiarezza esclusivamente da minuscoli e chiassosi gruppi radicali, oggi induce spezzoni della “grande” politica a mettere in discussione e perfino, in certi casi, a ricusare quelle divinità presenti nel “pantheon” del Washington Consensus, che per più di quattro decenni sono state oggetto di adorazione assoluta: il trickle down, le stock options, lo short termism, il buy back, lo shadow banking, il leverage, le numerose deroghe fiscali per i grandi gruppi (tax elusion loopholes), ecc. A questo elenco si potrebbe aggiungere una corrispondente lista europea, la cui parentela non parrebbe tanto scandalosamente lontana da quella d’origine americana. Ci si riferisce a un’austerity imposta senza una concertazione delle aliquote fiscale tra i diversi Stati membri; in deroga a una unione bancaria efficiente; priva di un mercato dei titoli pubblici unificato e così via. Insomma, anche qui da noi si ha l’impressione di notare un inceppamento di quel meccanismo il cui motore è mosso da una moneta che tecnicamente – in osservanza agli antichi testi – non potrebbe, stando il vizio originario, mai definirsi tale.
Se i mercati sono “bloccati” da un mare magnum di liquidità su cui navigano molti increduli operatori che preferiscono la neutralità, temendo l’attuale sovrapprezzo delle attività comporti salassi futuri (aumento dei tassi), vuol dire che le sole manovre di politica monetaria “aggiusta tutto” (offerta di moneta) non hanno per nulla risolto il problema di fondo. Se la “casalinga sveva”, nell’affrontare il caso Grecia, si trova di fronte alla terribile scelta: salvare l’intangibilità dell’euro (fare concessioni ritenute impensabili nei precedenti semestri) o far sì che questo ritorni a essere qualcosa simile al “serpentone” degli anni 80, vuol dire che qualcosa non ha funzionato a dovere in questi ultimi quaranta anni. Insomma, anziché l’auspicata e strombazzata “convergenza”, sta accadendo proprio il contrario, ossia: “un’attesa divergenza”.
Hillary Rodham Clinton, uno dei candidati più accreditati per salire al soglio presidenziale, pare che di tutto ciò si sia accorta. Riposta in soffitta la scialba “clintonite” del 2008, oggi ricarica l’arma presentandosi con un serrato fuoco di sbarramento. Ci si deve credere? Vedremo!
Hillary Clinton, in Roosevelt Island Speech, Pledges to Close Income Gap
NYT By AMY CHOZICK JUNE 13, 2015
Hillary Rodham Clinton in un discorso – fino a oggi il più rimarchevole evento della sua campagna elettorale per le primarie – tenuto sabato [13 giugno] che è stato a volte travolgente e a volte denso di contenuti politici, espresse un mordace ripudio per le politiche economiche repubblicane e una promessa populista per invertire l’abisso che si è spalancato tra ricchi e poveri. Sotto un cielo soleggiato e circondato da sostenitori con bandierine sventolanti sulla Roosevelt Island a New York, Mrs Clinton si è impegnata a [inaugurare] una campagna [per la nomination democratica] volta all’inclusione sociale e a perseguire un’economia più indirizzata ai bisogni di tutti, anche se le nuove voci del partito repubblicano continuassero a propendere per “ le fallimentari politiche economiche di top – down.” Davanti a una folla stimata in 5.500 presenti – secondo i dati forniti dagli organizzatori della campagna – ha affermato che “questi repubblicani si sono incagliati quando promettono meno tasse per i ricchi e meno regole per le grandi imprese, senza alcun riguardo sugli effetti di un peggioramento delle disparità di reddito“. “Non sto facendo la campagna elettorale per alcuni americani, ma per tutti gli americani“, Mrs Clinton ha sottolineato: “io corro per tutti gli americani.“
In lizza per la presidenza, si è soffermata in modo rimarchevole sulla sua biografia. La sua candidatura – ha proseguito – venne concepita in nome di “chiunque sia stato messo al tappeto, ma che abbia rifiutato di considerarsi sconfitto.” Mrs Clinton si è raffigurata come una combattente, ricorrendo a un tema che nella sua campagna aveva già messo in evidenza nei giorni scorsi: “sono stata chiamata in molti modi e da molte persone, ma [la definizione] di ‘rinunciataria’ non fa parte di quella lista”.
In piedi su di una piattaforma posta al centro di un parco alla memoria di Franklin D. Roosevelt, sull’East River che porta il suo nome, Mrs Clinton ha invocato il suo retaggio [politico]. Ha anche elogiato il Presidente Obama e il marito, l’ex Presidente Bill Clinton, dichiarando però che “siamo di fronte a nuove sfide” che si pongono dopo la crisi economica.
Mentre alcuni detrattori repubblicani cercarono di mettere in evidenza la sua età (se lei vincesse avrebbe 69 anni nel momento in cui assumerebbe l’incarico nel gennaio 2017), la candidata si è prodigata nel circoscrivere la questione e di confutare l’idea che non sia la persona adatta per il cambiamento o la modernità. Mediante la sua campagna d’informazione e di contatto, ha parlato della vita degli omosessuali, dicendo che i repubblicani “voltano le spalle alle persone gay che si amano“.
La sua affermazione: “io potrei non essere il candidato più giovane in questa gara, ma sarò la più giovane donna Presidente nella storia degli Stati Uniti” è stata coronata da uno dei più rumorosi scoppi di applausi.
Sottolineando questo passaggio con un ritornello di una vecchia canzone dei Beatles, Mrs Clinton si è espressa in questo modo: “ci possono essere alcune nuove voci nel coro presidenziale repubblicano. Ma stanno tutti cantando la stessa vecchia canzone“. Poi, ha concluso la metafora con queste parole: “è una canzone che si chiama Yesterday “, costoro. “credono in Yesterday.”
Allison Moore, una portavoce del Republican National Committee, ha definito il discorso “pieno zeppo di attacchi ipocriti, di retorica di parte e d’idee del passato che ci condussero verso una economia stagnante.“
Mrs Clinton ha specificato le politiche che vorrebbe mettere in campo. Tra queste: l’asilo nido per tutti, il congedo familiare retribuito, la parità di retribuzione per le donne, l’accessibilità al college ed infine gli incentivi per le aziende che provvedono a far partecipare i dipendenti agli utili. Ha anche parlato di riscrivere il codice fiscale “in modo che premi il duro lavoro a casa” piuttosto che permettere alle società “di nascondere i profitti all’estero.” Lei non ha dettagliato come concretizzerebbe tali annunci o come ne sosterrebbe i costi. Mrs Clinton ha parlato della critica secondo cui la sua ricchezza la estranea dalle classe media americana, dicendo che la sua candidatura è per “gli operai e i camerieri che stanno in piedi tutto il giorno, per le infermiere che lavorano nel turno di notte, per i camionisti che guidano per ore.“
In difficoltà verso la retorica infuocata della senatrice democratica del Massachusetts Elizabeth Warren, Mrs Clinton ha dispensato alcuni incontrovertibili dati statistici per rispondere alle preoccupazioni dell’inquieta sinistra del Partito Democratico: “i primi 25 gestori di hedge fund guadagnano di più di tutti gli insegnanti di scuola materna americana messi insieme, spesso pagando un’aliquota fiscale più bassa“.
Inoltre, Mrs Clinton ha detto che molti americani devono chiedere “Quando la mia famiglia starà meglio?” Lei ha aggiunto: “Quando? Io dico ora.”
In una campagna in cui i repubblicani enfatizzano la crescente minaccia del terrorismo islamico e di un instabile Medio Oriente, Mrs Clinton ha appena accennato alcuni temi di politica estera. Lei ha parlato della sua esperienza come senatrice di New York dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001.
“Come vostro Presidente”, ha sostenuto “farò tutto il necessario per garantire la sicurezza degli americani“, comprendendo (con lo sguardo) lo skyline e la vista della nuova costruzione del One World Trade Center nei suoi commenti.
Per quanto il contenuto del discorso fosse importante, il luogo lo era altrettanto. In una campagna criticata per la mancanza di passione, l’evento ha dato a Mrs Clinton la possibilità di creare un quadro istantaneo di palpante partecipazione. Il Brooklyn Express Drumline ha galvanizzato la folla riunita in una stretta striscia sulla punta meridionale dell’isola. Marlon Marshall, il direttore della campagna d’impegno politico, ha snocciolato le statistiche sul numero di volontari che hanno aderito [alla campagna elettorale] e dei comitati formati negli Stati più vicini alla competizione per la nomination. Una sezione con schermi giganti allestiti per una folla traboccante era quasi vuota. Ma una folla di sostenitori e volontari locali fermamente democratici di New York non rappresenta esattamente il vasto corpo elettorale. Il vero test per Mrs Clinton sarà in Iowa – dove si recherà sabato sera per diversi eventi – e verterà su come questi annunci sono stati percepiti. Lo Iowa è il primo Stato per la nomination che la censurò l’ultima volta nel 2008 quando si mise in gioco per la presidenza. “Sono rimasta delusa che non sfidò Obama quattro anni fa“, ha detto Dominique Pettinato, una ventiquattrenne giudice di sorveglianza che vive a Brooklyn.
Per alcuni membri dell’ala scettica liberal del Partito Democratico vi è ancora preoccupazione sul fatto che Mrs Clinton abbraccerà l’approccio centrista del marito, il discorso era formulato solo a scopo di convincerli del contrario. Adam Green, il co-fondatore del Progressive Change Campaign Comittee – un gruppo di pressione liberal – ha puntualizzato che “questo è stato per lo più un tipico discorso democratico migliore di quanto la direzione Repubblicana offra in America“. Ma ha anche detto che le argomentazioni della candidata non hanno messo in luce “la visione economica audace che la maggior parte degli americani vogliono e che necessitano.”
Mrs Clinton non ha introdotto un argomento, di cui i liberali si sentono sempre più frustrati, che riguarda i trattati internazionali di libero commercio. Giovedì, il senatore Bernie Sanders, un socialista del Vermont, che è anche in corsa per la nomination democratica, ha criticato acutamente Mrs Clinton per non aver preso una posizione sul controverso disegno di legge inerente il trattato sul libero commercio che Obama sta spingendo; così come altre questioni spinose: la proposta per l’oleodotto Keystone XL e il rinnovo del Patriot Act. “Qual è il punto di vista [di Mrs Clinton] su ciò?” ha chiesto Mr. Sanders riferendosi al provvedimento contro cui ha votato contro.
Mrs Clinton aveva appena terminato il suo intervento di sabato, quando Bill Hyers, uno dei consiglieri autorevoli di Martin O’Malley, l’ex governatore del Maryland – che è anche lui è in competizione per la nomina presidenziale democratica – ha criticato la sua vaghezza in merito al trattato sul libero commercio e altre questioni. “Mr O’Malley” – ha detto [Bill Hyers] – “è stato coraggioso e dettagliato sul programma progressista di cui abbiamo bisogno.”
Se ci sasà una campagna “demografica”, Mrs Clinton sta sperando di galvanizzare le giovani donne. Trattasi di un facile approdo che nella 2008 lei ha minimizzato, poiché si cercò di presentare l’ex first lady come un risoluto comandante in capo. Ma dal discorso pronunciato sabato si deduce con chiarezza che Mrs Clinton metterà questa volta la questione di genere più centrale nella sua corsa elettorale. Nel suo intervento di chiusura, si augura un paese “dove un padre può dire alla sua figlia, sì tu puoi essere qualsiasi cosa desideri essere, anche il Presidente degli Stati Uniti.”
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