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Riflessione sulle Primarie del PD

12 Dicembre 2013 by Redazione Lascia un commento

(di Carlo Viscardi)- In Italia la politica non annoia. Nel giro di pochissimi giorni 3 avvenimenti:

  1. Devastante (per loro signori) Sentenza della Corte Costituzionale sull’illegittimità del Porcellum;

  2. Elezioni Primarie del PD;

  3. Manifestazioni dei Forconi.

Il denominatore comune che lega questi avvenimenti non è la crisi della rappresentanza ma la caduta irreversibile della rappresentanza. E’ indiscutibile.

I tre candidati alle primarie

Il 68% di consenso al messaggio renziano (vero falso che sia) e 2.900.000 di persone recatesi al voto sono numeri che hanno un’unica grande lettura: queste persone hanno visto nella giornata di domenica 8 dicembre l’unico momento a disposizione per segnalare, ancora una volta, la loro voglia di cambiare per uscire dalla palude che questa..”roba che ci ostiniamo a chiamare politica…” ci propina ormai da troppo, troppo tempo.

Ma il sistema non si cambia dall’interno, anche se lo si grida a voce alta; all’interno del sistema il rischio è di perpetuare una politica gattopardesca, una politica del… che tutto cambi perché nulla cambi. Ma questo attiene al futuro anche a breve termine.

La chiave di volta di questo sistema è la rappresentanza: ne è prova l’interesse che lor signori pongono sulla legge elettorale come “soluzione falsa a un falso problema”. La rappresentanza di cui parlano infatti garantisce al cittadino un voto, dopo di che il nulla sul piano del controllo e della costruzione delle decisioni. Come è successo per i trattati europei. La rappresentanza di cui “parlano i cittadini” è invece quella che garantisce la partecipazione alla riscrittura delle regole e della forma di Stato. Cittadini che comprendono come la società del terzo millennio sia una società profondamente mutata nelle categorie economiche, sociali, politiche e culturali, cittadini che vogliono scegliersi la propria vita.

E’ vero che i grandi cambiamenti avvengono su impulsi d’elite ma sono destinati al fallimento o al non compimento se le ‘persone’ non se ne impossessano. Questo significa che prima della decisione ultima (il voto) le persone debbono decidere della loro volontà di impossessarsi dei processi decisionali che influenzeranno la loro vita, che decideranno del bene comune.

L’iscrizione, al raggiungimento della maggiore età, alle liste elettorali non può più essere sufficiente a esprimere “Democrazia”.

Un governo del popolo, in una società profondamente mutata e complessa non può essere affidato solo, e totalmente, a corpi intermedi. E’ indispensabile individuare strumenti che consentano alle persone di partecipare alla formazione delle decisioni in modo più diretto. Ciò non può essere confuso con forme antiche di democrazia diretta.

La Dichiarazione Pubblica di Volontà delle persone è quindi l’atto primo della formazione della decisione; è l’atto che sancisce l’esercizio del diritto di voto in modo consapevole.

Affrontare quindi le questioni che segnano questa crisi epocale da parte di persone consapevoli e coscienti può fare la differenza tra soluzioni condivise e soluzioni imposte.

Se questo paese deve essere riscritto, se questa Europa deve essere costruita ciò può avvenire soltanto se le persone, in prima persona, si dedicano a questa riscrittura e a questa costruzione. Concretamente quindi solo l’iscrizione al Pubblico Registro degli Elettori Attivi su richiesta delle persone che intendono partecipare di volta in volta alla formazione della governance di questo paese potrà garantire il passaggio alla società del terzo millennio.

Questa rappresentanza, non altre, è l’unico modo per battere un potere che si fa sempre più oligarchico, che si allontana rapidamente dalla democrazia come 2.900.000 hanno inteso al momento del voto di domenica. Tutto questo non appartiene quindi a nessun PD; tutto questo appartiene a quei cittadini che vogliono cambiare veramente le cose.

 

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