(di Alberto Sofia- da http://www.giornalettismo.com/)- Analizzando i nomi in corsa per il parlamentino del Pd, sembra aver dovuto cedere alle correnti interne che lo hanno appoggiato, Area Dem tra tutte. ’era una volta la rottamazione. Le promesse di discontinuità del sindaco di Firenze Matteo Renzi, pronto a prendere le redini del Partito democratico alle primarie per la segreteria del prossimo 8 dicembre, sembrano già dimenticate. Per averne una conferma basta analizzare i nomi presenti nelle liste per i componenti dell’Assemblea nazionale: Renzi, con Cuperlo e Civati, si contende i mille posti in palio per il parlamentino interno dei democratici, da assegnare in base alle percentuali determinate con il voto. Una volta eletta, l’assemblea, con le stesse percentuali, nominerà a sua volta la Direzione nazionale. “Controllarla” per il sindaco fiorentino resta essenziale, se vorrà in futuro contare sui due terzi necessari per molte decisioni rilevanti: in primis l’approvazione delle liste elettorali in vista delle prossime elezioni politiche. Non mancano le sorprese, con Renzi che rischia di scontentare diversi dei suoi sostenitori di lungo corso, a vantaggio dei «renziani dell’ultima ora» o dell’ultimo minuto. MATTEO RENZI E LE CRITICHE PER LE LISTE PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE-Già all’ultima Leopolda non erano mancate le critiche per il sindaco fiorentino per diverse “adesioni” della vecchia nomenclatura del partito. Alla corte di Matteo Renzi erano stati “accolti” esponenti provenienti dalle più svariate correnti interne del Pd, compresi alcuni dirigenti prima noti per la propria ostilità nei confronti dell’ex rottamatore. Alla convention di Firenze militanti e fedelissimi della prima ora si fidavano ancora poco dei «nuovi acquisti» che avevano sposato il progetto renziano. Tra tutti, lo stesso Dario Franceschini, presente in platea e già in passato definito da Renzi come «vice-disastro» di Walter Veltroni. Prima della conversione e del matrimonio con l’ex rottamatore. Il sindaco aveva cercato di allontanare i malumori interni, bocciando il dibattito tra renziani della prima, della seconda ora e dell’ “ultimo minuto“. Ma non solo: aveva spiegato come la corrente dei renziani “non esistesse” e come, una volta arrivato alla segreteria, sarebbe stata la prima da dimenticare. Epppure l’elenco dei nuovi acquisti era già lungo. Oltre ad AreaDem di Franceschini (la corrente che tiene insieme ex Ds ed ex Popolari, come il sindaco di Torino Piero Fassino e Marina Sereni), con il sindaco toscano erano passati anche ex bersaniani delusi e non allineati (come Alessia Morani, Vanna Iori, Alessia Rotta), ex dalemiani come Nicola Latorre, veltroniani come Vinicio Peluffo e Walter Verini, lettiani come Francesco Sanna e Francesco Boccia. Ma anche giovani vertici, come Matteo Ricci, ex bersaniano e presidente della Provincia di Pesaro Urbino, poi inserito all’interno del coordinamento nazionale per Renzi segretario. Tanti nomi, ma non tutti sinonimo di qualità, denunciavano i militanti renziani. Le polemiche sono ripartite in occasione della presentazione delle liste. Di certo, un problema di non poco conto per tutti i candidati. Per Matteo Renzi, considerate anche le ambizioni rinnovatrici dei sostenitori di lungo corso, le difficoltà sembrano essersi moltiplicate. Trovare un compromesso tra fedelissimi, franceschiniani, lettiani, veltroniani, oltre che per qualche ex dalemiano e bersaniano è stato complicato. Di fronte allo stallo, non senza critiche, è stato il braccio destro del sindaco Luca Lotti a decidere per tutti. LA DENUNCIA DI PANORAMA E TUTTI I CASI – «Sul carro non si sale, si spinge», aveva spiegato il sindaco. Eppure, ad accusare il sindaco fiorentino di utilizzare – proprio come i dirigenti che contestava in passato – il “manuale Cencelli” per definire le liste, è stato Panorama. Il settimanale ha pubblicato alcuni scatti con il quale si mostravano i nomi per i collegi della Lombardia. Nei documenti si poteva notare la logica delle scelte, con tanto di riferimenti alle correnti: per Panorama la prova per cui Renzi si è dovuto alla fine «piegare alle vecchie esigenze di partito, inserendo all’interno persone qualificate come legate a Letta, Bindi o Veltroni». Niente da fare: il correntismo all’interno del Pd sembra continuare ad avere la meglio sulle richieste di discontinuità. Tanto che non pochi detrattori del sindaco hanno denunciato come alla fine siano Cuperlo e Civati a proporre maggiori novità, rispetto alle promesse mancate di Renzi. News-Town.it ha ricordato chi in provincia dell’Aquila si è visto preferire due “renziani” dell’ultima ora come Stefania Pezzopane e Peppe Di Pangrazio, rispetto a chi proponeva di inviare a Roma la giovane consigliera comunale di Sulmona Maria Ciampaglione e il segretario di Pizzoli Velia Giorgi. Sarebbe stato un segnale di rinnovamento, ma Renzi ha preferito accontentare tutte le anime del Pd che lo appoggiano. Americo Di Benedetto, che faceva parte dello staff renziano, si è sfogato su Abruzzoweb: «La mia esperienza con Renzi e i renziani è finita, a questo punto valuterò come posizionarmi alle primarie. È stata tradita la volontà di rinnovamento, si è consumato un atto gravissimo, chi parlava di nuovo oggi si ritrova già cotto. Sono stati utilizzati vecchi metodi verticistici, senza partecipazione né condivisione», ha spiegato Di Benedetto, ex sindaco di Acciano (L’Aquila) e attuale presidente della società pubblica di gestione del ciclo idrico Gran Sasso Acqua. «Non è un problema di persone – ha concluso – i nomi non mi interessano, ma le modalità con cui si arriva alle designazioni sì, per cui su di me non possono contare più» E come dimenticare anche il caso di Nicola Latorre, un tempo dalemiano doc e poi confluito in quello che su Repubblica si denunciava come “fritto misto” (per testimoniare l’eterogeneità dei sostenitori di Renzi). Non poche perplessità sono emerse quando i renziani di vecchia data hanno compreso come Latorre fosse stato eletto tra i renziani nel gruppo dei cento parlamentari che faranno parte dell’assemblea nazionale del Pd. Sul Fatto Quotidiano è stata invece Wanda Marra a sottolineare come, alla fine, siano stati i lettiani ad avere la peggio: «Nei territori ci sono già vincitori e vinti. A rimanere fuori quasi ovunque dalle liste “territoriali” di Renzi sono i lettiani. I sostenitori del Sindaco ne danno una spiegazione molto chiara: “Sarà in Assemblea che si dovrà votare la continuazione delle larghe intese e allora è importante che le proporzioni siano nettamente a favore di Matteo”. Mentre fino a sera è andato avanti il braccio di ferro tra i cosiddetti renziani della prima ora e i franceschiniani. Anche qui, l’esigenza di Renzi era quella di poter arrivare a un controllo dell’Assemblea» In Sicilia, invece, i renziani doc hanno incassato un successo. A Messina il capolista sarà la renziana della prima ora Iole Nicolai, segretaria di circolo a Capo d’Orlando. L’ha spuntata sul deputato regionale Giuseppe Laccoto, transitato negli ultimi mesi e che, secondo indiscrezioni, ambiva al ruolo di capolista. L’endorsement di Dario Franceschini e AreaDem per il sindaco fiorentino è stato condiviso poi anche dal segretario regionale del Pd Giuseppe Lupo: nella sua area saranno presenti in lista Giovanna Sciuto e Tito Costa, sindaco di Villafranca Tirrena. IL CASO DEL FIGLIO DI VINCENZO DE LUCA – Altro che rivoluzione basata sul merito e sulla discontinuità. A Salerno sarà capolista alle primarie per Matteo Renzi Piero De Luca, figlio del sindaco e viceministro Vincenzo De Luca. Un tentativo di lanciare il figlio era già stato fatto in passato , ma con poco successo. Adesso Piero De Luca sarà in corsa per l’assemblea nazionale del Pd. Peccato che, come ha denunciato il Fatto, Piero De Luca sia indagato per corruzione con il padre.
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