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Violante disgustato dal suo Pd: ha violato i diritti di Berlusconi

4 Dicembre 2013 by Redazione Lascia un commento

(di Vittorio Macioce – www.ilgiornale.it)- Roma. È un sigillo e arriva da dove non te lo aspetti. Giustizia? No, vendetta politica. Luciano Violante da tempo vive nel Pd da eretico.

Quello che dice adesso varrà per molti suoi compagni di partito come una bestemmia capitale. «Il mio partito non ha garantito i diritti di Silvio Berlusconi». Violante è seduto accanto a Gaetano Quagliariello, nell’aula Toti della Luiss. Stanno presentando il libro di Giovanni Orsina Il berlusconismo nella storia d’Italia. Ci sono vent’anni di storia in ballo, gli ultimi e per molti forse è arrivato il momento di fare i conti. Non è più politica, è quasi storia. Non è polemica sul presente, ma un modo per guardarsi in faccia e riconoscere quello che è stato. Solo che Violante parte dalla fine, dagli ultimi giorni, dal voto sulla decadenza al Senato, da Berlusconi cacciato dal Parlamento. È un atto d’accusa contro la cultura che si respira nel partito democratico. La frustrazione che porta al risentimento. La voglia di liquidare e buttare fuori dal gioco della politica l’ingombrante e fastidioso avversario. La libertà individuale messa da parte, come un valore marginale, periferico, da sacrificare ancora una volta sull’altare della «ragione di partito». Quel giocare con le regole, personalizzandole. La distruzione dell’uomo di Arcore val bene una messa. L’idea che a un certo punto, quando non si trova altra via per batterlo, si può anche giocare un po’ sporco. Ed è la sconfitta della politica.

Violante scandisce con calma le parole: «Silvio Berlusconi aveva il diritto di difendersi davanti alla giunta per le immunità del Senato. Un partito come il Pd che non è capace di garantire i diritti dei suoi avversari non è credibile». Troppa fretta, troppa foga, con la sensazione che tutto fosse già scritto. Questo atteggiamento sarà il peccato originale della futura, ipotetica, terza repubblica. È di nuovo il frutto di una crisi politica e istituzionale non risolta. È non riconoscere il voto di dieci milioni di berlusconiani, non legittimati, trattati come un’anomalia, uno scherzo della storia. «È grave – dice Violante – che alcuni senatori abbiano espresso il loro orientamento prima di aver consultato tutti i documenti a loro disposizione».

Il timore di Violante è che questi venti anni abbiano cambiato in profondità la sinistra. L’antiberlusconismo ha finito con specchiarsi nel suo opposto. «Il berlusconismo ha contagiato la sinistra nel senso che è stata anteposta la rivincita sull’avversario rispetto al dato programmatico che consente agli elettori di fare una scelta politica». La furia della vendetta ha svuotato il Pd. Con il rischio, per loro, di non ancora vinto la partita con l’elettore berlusconiano. È la domanda a cui Orsina nel suo saggio risponde. Chi ha votato Berlusconi? Sono varie tipologie, ma quella più interessante è l’elettore che il professore della Luiss definisce «scettico». È un berlusconiano per necessità, per mancanza di alternative. Eccolo. È l’elettore che non si è mai sentito capito e rappresentato dall’Arcipartito e dalla vita pubblica. È quello di cui non si scrive, non si parla, non compare nei film e nei romanzi se non come maschera grottesca. È il vero «invisibile» della politica e della cultura italiana. Berlusconi è stato il primo a parlare ad ognuno di loro, come un «popolo di individui». Spesso li ha delusi, ma almeno li ha visti.

La sinistra questo elettore non lo ha mai capito. Non lo concepisce. Non lo riconosce. E questo è stato il suo grande problema, perché questo «berlusconiano scettico» pone domande cruciali, fondamentali anche per uscire da questa crisi, a cui la politica non sa dare risposte.
Violante non avrà grande futuro nel suo partito. La questione che pone resta però fondamentale. Come esce la sinistra da questi vent’anni? Cosa ha sacrificato nel nome dell’antiberlusconismo sempre più viscerale? La risposta non uscirà dalle primarie. È un percorso più lungo, che pochi avranno il coraggio di fare. Forse neppure Renzi.

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