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Parisi: “Questo partito è senza ideali, si regge su residui di nomenclature”

20 Giugno 2013 by Redazione Lascia un commento

(intervista ad Arturo Parisi – da www.arturoparisi.it)-

È impietoso il professore Arturo Parisi verso quella sua “creatura”, un Pd composto “sempre più da tessere” piuttosto “che da tesserati” e a chi dice che sostenere il governo Letta è la sfida riformista dell’oggi manda a dire che semmai si tratta di “realismo”. L’ultimo appello del fondatore dell’Ulivo insieme con Prodi è ritrovare la spinta ideale perchè -dice l’ex ministro- “senza un pò di utopia e di follia sarà difficile vincere qualsiasi sfida”.
Il congresso, a cui si guarda per ritrovare l’unità perduta, produce nuove tensioni: platea aperta o di soli iscritti, segretario e non candidato premier e così via: il governo di larghe intese fa male al Pd?
È quello che capita quando l’unità ha alle sue spalle un patto tra residui di nomenclature e non invece un partito che sceglie, e, aggiungo che sceglie in modo democratico a partire da un confronto trasparente. È dalla fondazione che il Pd vive di accordi di vertice sanciti da voti unanimistici senza spessore. Unanimi quando il voto è palese. Non altrettanto quando il voto è segreto. Risultato. Prive di orientamenti forti e profondi capaci di tenere nel tempo, ogni decisione è costantemente a rischio. Dai tratti statutari che ha citato, ai quattro segretari in sei anni, alle alleanze di governo.
Si è tentato di fare lo sgambetto a Renzi l’altro giorno in direzione?
Raccontare le vicende come lotte tra persone è di certo più facile. Non lo nego. Ma, anche in questo caso, penso che, più che con Renzi il gruppo dirigente Pd ce l’abbia con l’idea di politica e di partito che lui interpreta. Una concezione della politica come alternativa e scelta tra progetti contro quella dominante della politica come compromesso e continuità. Una concezione del partito come strumento che consente al più grande numero di cittadini di partecipare alle scelte, contro un partito un tempo di militanti, ora di tessere più che di tesserati, chiamati a difendere le scelte dei vertici.
C’è chi sostiene che la vera scommessa riformista in questo momento è sostenere il governo Letta e non sottrarsi alle sfide di governo che impone la crisi economica?
Se riformista sta per realista potrebbe avere anche un senso. Ma ci sono momenti nei quali non dico il realismo e la saggezza che sono sempre preziose virtù , ma i realisti e i saggi sono le guide peggiori. La scommessa da vincere è oggi quella con la sfiducia. che cresce ogni giorno di più. Prima era verso i politici. E nonostante tutto era venata di ottimismo perchè immaginava che una volta sostituiti questi politici gran parte del problema sarebbe stato risolto. Ora è verso la politica, come azione capace di mobilitare e incanalare i sentimenti e le energie dei cittadini verso obiettivi comuni. Altro che realismo e saggezza. Senza un pò di utopia e di follia sarà difficile vincere qualsiasi sfida.
Questo governo, definito di pacificazione può essere viatico di un nuovo quadro politico?
Ma quale governo di pacificazione? Al massimo di necessità e di tregua. Pacificazione sarebbe stata se il governo si fosse fondato su un mandato chiesto a questo fine agli elettori, non su un mandato esattamente opposto. L’unica pacificazione che merita questo nome è quella tra le parole e i fatti, tra quello che diciamo di giorno e quello che facciamo la notte. Guardi, per fare un esempio, alla vicenda del finanziamento pubblico dei partiti, e capirà di che parlo. Letta ha detto abolizione del finanziamento pubblico. Potrebbe essere anche sbagliato. Ma i cittadini pensano che abolizione significhi abolizione. E credono pure che i partiti della maggioranza di Letta siano d’accordo almeno con Letta. Invece. Torni tra qualche tempo e ne riparleremo.
Si parla spesso di palestra di ex democristiani: Letta, Franceschini, Alfano, Lupi…Il bipolarismo, con la vittoria dei Cinque Stelle, è di fatto fallito?
Altro che fallito. Se continua così finirà per nascere un bipolarismo nuovo, con la maggioranza di governo da una parte, e, dall’altra, un fronte di opposizione inedito caricato e incaricato di rappresentare la rabbia crescente tra la gente.
Riforme rinviate a settembre, legge elettorale in parcheggio: più resta in vigore il Porcellum più dura il governo?
Io so che tutti dicono che col Porcellum non si può tornare al voto. Dubito invece che lo dicano per cambiare il Porcellum, e non per ribadire che finchè c’è questa legge qualsiasi governo è un male minore. Esattamente due mesi fa a nome della maggioranza Franceschini assicurò che entro luglio sarebbe stata introdotta una norma che ci garantisse da questo rischio. Nonostante questo appena qualche giorno dopo il governo chiese di bocciare una mozione parlamentare promossa da Giachetti e Martino che metteva a verbale questa promessa richiamando una proposta che io stesso avevo avanzato nella precedente legislatura assieme ad altri duecento parlamentari. La stessa sottoscritta poi inutilmente da 1.700.000 elettori. Lei pensa che entro giovedì succeda qualcosa? Come possiamo andare avanti così? Ecco la pacificazione che ci vorrebbe. Tra la rabbia crescente tra i cittadini e la pretesa saggezza dei governanti.
Il verdetto della Cassazione su Berlusconi rischia di fare fallire le larghe intese?

Di certo le metterà a dura prova.

(Pietro Perone – Il Mattino)

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