Qualche tempo fa un amico carissimo ci disse: “ma non vedi che mezzo mondo è governato da dittature militari e l’altro mezzo mondo si appresta a perder la democrazia?!”
Credo che, per la nostra generazione, questa sia “la questione fondamentale”.
Da tempo sosteniamo che le categorie politiche destra e sinistra sono obsolete; per la sinistra sono venute meno le ragioni storiche, per ragioni obiettive; è venuta meno la classe operaia ed il suo blocco sociale di riferimento; non c’è più spazio per la sinistra così come per la destra perché il mondo è cambiato ed entrambe appartengono al mondo di ieri.
È altresì mutato il rapporto tra capitale lavoro, il lavoro e il capitale non sono più gli stessi.
Il capitalismo si è “deterritorializzato”, lo Stato nazionale non ha più la sovranità dei flussi di capitale, il lavoro dipendente è ormai polverizzato non si organizza più come si faceva nell’ottocento e nel novecento nei grandi opifici (Massimo Cacciari).
Le disuguaglianze sociali crescono in modo intollerabile e nessuno è in grado di affrontare questo problema e ci avviciniamo pericolosamente al disastro.
È indispensabile che la politica, con la P Maiuscola inizi una Grande Operazione Verità.
Il lavoro non è più massa come nel passato ed il sindacato dovrebbe occuparsi del lavoro dipendente disperso, del lavoro giovanile, del precariato sottopagato, dai voucher.
La nostra generazione ha un compito ancora: spiegare ai giovani come stanno veramente le cose!
Robot, automazione, intelligenza artificiale occuperanno sempre più settori dove saranno richiesti maggior precisione e minor tempo.
Circa il 50% della forza lavoro nel mondo può, già oggi, essere sostituito da robot: interi settori come ospedali, scuole, orfanotrofi, centri di aiuto nei quali vi è una carenza di manodopera potranno tuttavia occupare forza lavoro in larga scala perché, a differenza dei robot, l’uomo ha empatia e emozioni.
Per le persone anziane, per i bambini questa empatia è necessaria ed indispensabile per un servizio migliore.
Questo scenario sarà sicuramente dannoso per la società se non si affronta in altri termini la questione della crisi fiscale dello Stato. Non è pensabile infatti immaginare una riduzione della fiscalità derivante dalla forza lavoro che non sia sostituita da una fiscalità proveniente dai robot e dalle nuove tecnologie.
Non illudiamoci quindi vagheggiando una rivoluzione tecnologica che apre nuovi settori, ed uno sviluppo capace di produrre più lavoro; in Occidente la ricchezza continuerà a crescere ma le chance per il lavoro si ridurranno.
Senza scomodare Dante (…”fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza“) occorre sganciare le aspettative di vita dal fatto che si lavori.
E ciò non è affatto impossibile da fare né creerebbe disastri. Il reddito di cittadinanza ad esempio (..chiamiamolo come si vuole) non è un’utopia ma un approccio pragmatico, solidale e può ricostruire una comunità.
La società non è un condominio dove ognuno di noi può starsene chiuso in casa ma è una comunità; America Russia e Cina non funzionano come un condominio e pertanto l’Europa o smette di comportarsi come fosse un condominio o sarà la fine.
Dobbiamo provare a ragionare in questi termini per evitare il disastro non solo in Europa ma anche e soprattutto in Italia.
“O capiamo che i parametri del passato sono finiti, e non per incultura ma per motivi strutturali, o andremo incontro alla catastrofe”.
Non è lontano il ricordo della Grecia dove la ricchezza è diminuita in tre anni del 35%: immaginabili anche in Italia misure del genere.?
…e l’altro mezzo mondo si appresta a perder la democrazia!”
La democrazia trova terreno fertile in una società in continua progressione, in continuo miglioramento. i Cittadini infatti sono disponibili a sostenere posizioni, progetti politici se questi portano miglioramenti e benefici.
In questa fase si impone da parte di tutti noi una seria riflessione sulle domande di protezione che provengono dalla società, dai cittadini nelle forme più diverse.
La gente è spaventata dalla crisi economica ed in queste situazioni il sentimento più diffuso è quello del mantenimento dello status quo; anche se questi gruppi dirigenti penseranno di essere ancora legittimati.
E’ un voto di conservazione quello che emerge dalle varie consultazioni; l’idea infatti di affidarsi ai populismi cozza con le paure che la gente ha.
Siamo tuttavia poco propensi a credere che i processi di globalizzazione sono tali da rendere impossibili destini autoritari.
Le elezioni americane con il successo di un Trump che non viene dalla destra tradizionale (così come non vengono da quell’esperienza né i Grillo, né i Salvini e neppure i brexit..) hanno segnato una risposta molto forte all’establishment: è stato un voto di conservazione più che un voto per il cambiamento.
È stato un voto caratterizzato da primi confusi atti e sintomo di una situazione di disordine globale.
Non esiste più un ordine fondato sui pilastri Stati Uniti e Unione Sovietica; il disordine sta crescendo e con esso il rischio di soluzioni catastrofiche.
Le stesse elezioni francesi hanno visto la sinistra e la destra ferme al palo perché sono cambiate completamente le condizioni sociali.
In particolare la base sociale della sinistra franata; c’è un mutamento antropologico alla base delle sconfitte delle sinistre in tutto il mondo.
In Francia Macron e Le Pen rappresentano, anche se su due prospettive diverse, il mantenimento dello status quo e non il cambiamento.
Macron non è una novità, non è un “piccolo sole”; Macron è la logica conseguenza di una volontà di gruppi di pressione, sociologicamente parlando, strutturati e organizzati per “inventare” un vero e proprio soggetto politico in grado di consentire a tutti noi di uscire da una scelta di un’Europa della conservazione e un’Europa della reazione.
Un modo surrettizio per continuare a sperare.
Fermo restando quanto affermato l’Italia non cresce a seguito di politiche industriali che provengono da lontano, dagli anni 70 e che hanno abbandonato settori strategici e innovativi.
La miopia di un gruppo dirigente, di una elite, ha fatto sì che chimica, nucleare, informatica, fossero smantellati in una fase ancora favorevole.
L’evoluzione tecnologica richiede e consente l’informatizzazione di tutto il sistema Italia, la formazione di quadri dirigenti provenienti anche da scuole per la pubblica amministrazione. L’esempio dell’Ena francese dovrebbe insegnarci molto.
Una pubblica amministrazione che funziona, richiama investimenti e il lavoro si crea. Il lavoro si crea se c’è un Paese competitivo.
E’ possibile quindi da queste semplici e forse troppo sintetiche considerazioni iniziare ad avere una visione di futuro senza inseguire qualsivoglia “venditore di pentole”?
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