(di Arturo Diaconale-dal sito www.opinione.it)-
A Beppe Grillo non importa un bel nulla ottenere l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi. Anzi, se fosse per lui il Cavaliere dovrebbe rimanere bene ancorato al suo posto di leader del centro destra e diventare il proprio antagonista in un nuovo schema bipolare in cui figura da un lato il Pdl e dall’altro la sinistra egemonizzata dal Movimento Cinque Stelle. Per Beppe Grillo, infatti, la questione dell’ineleggibilità di Berlusconi è solo uno strumento per spaccare e frantumare il Partito Democratico. Non ci vuole un particolare acume per capirlo. Eppure una buona parte degli esponenti del Pd sembrano essere totalmente inconsapevoli di questa banale considerazione.
Il capo gruppo del Senato Luigi Zanda, il senatore Felice Casson, la senatrice Stefania Pezzopane , rilasciano dichiarazione a raffica per spiegare che per loro la questione dell’ineleggibilità del Cavaliere è un problema di principio da risolvere con le valutazioni giuridiche e non un problema politico da affrontare e chiarire sulla base del buon senso e delle esigenze politiche presenti e future. Si tratta di una faccenda di incredibile ottusità? O , nel caso di Zanda, come suggerisce ironicamente Berlusconi, di genialità tardiva? Niente affatto. Perché né Zanda, né Casson, né la Pezzopane possono essere considerati degli sprovveduti che non si rendono conto come pretendere di eliminare dalla vita pubblica con una legge ad personam il nemico di sempre sia una iniziativa da paese post-sovietico destinata a provocare la caduta del governo e lo sconquasso delle istituzioni repubblicane. La vicenda, al contrario ed a dispetto del tentativo di ammantarla di principi politici, è solo ed esclusivamente politica.
E non perché possa rientrare nel novero di quelle mine che vengono poste strumentalmente dagli irriducibili avversari delle larghe intese lungo la strada del governo Letta fondato sull’alleanza tra il Pd ed il partito di chi si vorrebbe espellere dal Parlamento (nessuno crede seriamente che l’iniziativa sull’ineleggibilità possa andare avanti fino a provocare la cacciata di Berlusconi dal Senato e la contemporanea esplosione dell’esecutivo di Enrico Letta). Ma perché rientra nel lento e tormentato processo, in atto all’interno della grande galassia della sinistra italiana, della formazione di una nuova formazione politica destinata a nascere da una possibile scissione del Pd e dall’unificazione di tutte le forze più radicali e giacobine dell’universo politico nazionale. In questa luce la vicenda degli Zanda, dei Casson e delle Pezzopane con il pretesto dell’ineleggibilità di Berlusconi va messa al fianco della recente manifestazione della Fiom di Landini a Roma e del referendum contro la scuola paritaria a Bologna promosso congiuntamente da Sel, dal Movimento Cinque Stelle e da pezzi del Pd bolognese. Non importa se lo Zanda neo-giacobino sia lo stesso che vorrebbe mettere fuori gioco i grillini dalle competizioni elettorali.
Il capo gruppo Pd del Senato s’illude in questo modo di costringere gli elettori di Cinque Stelle a finire nel nuovo partito della sinistra dura e pura. Ciò che interessa capire, invece , è che il punto di arrivo di tutto questo fermento interno ed esterno al Pd è la resa dei conti con le componenti riformiste della sinistra ed il ritorno, naturalmente dopo l’espulsione dalla sinistra stessa dei “revisionisti” e degli “inciucisti” delle larghe intese, di un grande partito unitario destinato a riesumare i fasti ed occupare il vecchio spazio politico del Pci. I tempi dell’operazione sono legati a quelli del congresso del Pd. Che non a caso gli amici di Enrico Letta vorrebbe spostare dal prossimo autunno al prossimo anno. Ma lo sbocco rimane comunque lo stesso: riesumare il Pci o, se vogliamo, il Pds. E, magari, mettendogli alla presidenza lo stesso Presidente dell’epoca di Achille Occhetto, cioè Stefano Rodotà!
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