(Da Affari italiani di oggi, martedì 5 febbraio 2013-di Sergio Luciano)-
Un’extra-gettito fiscale da 4-5 miliardi di euro dall’Imu sulle “seconde case” che il governo non rivela per paura dell’impopolarità: è questo il bilancio segreto della “stangata” di fine dicembre sugli italiani, ferma sulla scrivania di Mario Monti, presidente del consiglio uscente e candidato premier alle elezioni a capo della lista catto-missina che porta il suo nome. I dati approssimativi circolano al ministero dell’Economia, tra funzionari imbarazzati e politici sarcastici per l’evidente conflitto d’interessi democratici in cui versa il Professore: non ha potuto evitare che, a quattro settimane dal voto, gli italiani sapessero che l’enorme gettito dell’Imu sulla prima casa – 4 miliardi di euro – coincide con l’ammontare del prestito statale al Monte dei Paschi di Siena (coincidenza fortuita però alquanto irritante); adesso amerebbe evitare di aggiungere anche un’altra provocazione informativa intollerabile, che cioè l’Imu ha fruttato all’erario molto di più per la tassazione delle case successive alla prima, che coinvolge una decina di milioni di famiglie, perché i Comuni italiani – tutti più o meno strangolati dalla riduzione dei finanziamenti dell’erario centrale – hanno mediamente rincarato al massimo l’aliquota di loro competenza.
Nonostante il premier abbia finora bloccati i dati, si sa che oltre il 77% dei Comuni (secondo un’attenta campionatura effettuata dalla Uil) ha aumentato l’aliquota dal livello base, del 7,6 per mille, fino al livello massimo dell’1,06 per cento. Quindi ai 18 miliardi di gettito connessi all’applicazione dell’aliquota-base vanno aggiunti almeno altri 4-5 miliardi. Se poi, al di là dei “carotaggi” informali della Uil, si rivelasse che quasi tutti i Comuni hanno aumentato l’aliquota, l’extra-gettito potrebbe rivelarsi di ben 8 miliardi di euro. Gli effetti di questa “tosata” sono sotto gli occhi di tutti: il mercato immobiliare delle seconde case è praticamente paralizzato. Nell’incertezza fiscale in cui si naviga gli investitori restano alla finestra. L’indotto langue. Le ristrutturazioni, per quanto fiscalmente agevolate dalla norma approvata dal governo Berlusconi, restano al palo. Insomma, l’intero settore è fermo, e contribuisce gravemente alla stasi generale dell’economia.
Ma ad oggi, 5 febbraio – quindi cinquanta giorni dopo la scadenza del prelievo Imu – quel che è politicamente inaccettabile è la mancanza di dati totali ufficiali: perché comunicarli comporterebbe, per il governo uscente, da un lato assumersene una responsabilità politica in stridente contrasto con la melassa ipocrita che Monti sta spargendo sul suo potenziale elettorato (niente in confronto con le favole di Berlusconi, ma il professore non doveva permettersi di scimmiottare la permanente falsità dei politici di professione) e dall’altro dare almeno un’indicazione di massima dei criteri di finanziamento degli enti locali che il governo centrale potrà adottare dopo aver constatato quale capacità fiscale ha lo strumento Imu. Ma si sa che sotto elezioni nessun governo ama litigare con i Comuni…I quali Comuni, attraverso la loro associazione Anci, non negano peraltro di aver dovuto applicare su vasta scala l’aliquota massima, a causa dei tagli effettuati dallo Stato centrale sui trasferimenti agli enti locali, ma sostengono che comunque, nonostante la stangata, incamereranno entrate insufficienti rispetto agli anni precedenti.
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