(di Alessandro Da Rold- da http://www.linkiesta.it/)-
Parla Luca Ricolfi: «Il leader della Fiom è l’unico nella sinistra che può sfidarlo: gli somiglia»-
A neppure otto mesi dall’insediamento a Palazzo Chigi solo il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha chiesto per 13 volte di porre la questione di fiducia su atti del governo. Diversi siti tra cui Openpolis e Pagella Politica, mettendo insieme i dati degli ultimi governi, hanno stabilito che durante il governo Renzi circa il 75% dei testi usciti dal Parlamento e diventati normativa vigente sono stati indissolubilmente legati alla sopravvivenza dell’esecutivo. Proprio Openpolis ricorda che durante il governo di Mario Monti il Parlamento votò 51 fiducie. Rappresentarono solo il 45 per cento degli atti complessivi approvati dal Parlamento. Ma Luca Ricolfi, professore, politologo, responsabile scientifico dell'”Osservatorio del Nord Ovest”, editorialista della Stampa e di Panorama, autore di diversi saggi sulla politica italiana non ci sta a bollare il governo Renzi come quello che ha esautorato di più il Parlamento rispetto agli altri, persino a quello di Silvio Berlusconi. «Non c’è molta novità in tutto questo».
Professore, il Parlamento sembra diventato una “buca delle lettere”, fa tutto il governo.
C’è stato un salto qualitativo rispetto al passato, i governi con la fiducia hanno sempre fatto quello che volevano, vale per Monti, Prodi, Berlusconi… Quello che cambia con Renzi è semplicemente il bullismo.
In che senso?
Uno può chiedere la fiducia dopo aver tentato una mediazione, dopo aver blandito le opposizioni interne, fatto riunioni su riunioni oppure può chiederla allegramente dicendo “impiccatevi” tanto la fiducia passa. Questo aspetto stilistico è nuovo, non c’è mai stato un governo con la sindrome da bullo.
Capiterà anche su una materia delicata come il lavoro, sul Jobs Act.
Ma sul Job Act Renzi ha perfettamente ragione a chiedere la fiducia. Sa perché?
Mi dica
Sono contrario a tutto quello che fa Renzi, non voglio difendere la politica renziana. Io il Job Act me lo sono studiato, andarlo a discutere alla Camera è una stupidaggine grandiosa, perché in quel testo non c’è scritto niente. Ci sono indirizzi incomprensibili e vuoti, forse lo capiscono gli addetti ai lavori dopo un grosso lavoro ermeneutico, ma di vincolante non c’è niente. Tutta la partita si giocherà sui decreti delegati. Che l’opposizione ne faccia una posizione di principio mi sembra una polemica sterile. Renzi otterrà la fiducia e poi, spero, si degnerà di dire i decreti delegati di contenuti. L’articolo 18 non è neppure nominato.
Renzi sembra quasi scegliersi i nemici. Ogni settimana ne attacca uno diverso.
Io ne ho calcolati almeno dieci solo nelle ultime settimane. È evidente che sta cercando di avere un nemico a settimana. Fa il suo mestiere. Fa parte di questo brandire l’articolo 18, i gufi e i poteri forti. Sono tutti scelti benissimo. È un figo pazzesco dal punto di vista comunicativo, ha fatto quello che doveva fare per aumentare il consenso.
Però sembra quasi decidere anche chi potrà fargli opposizione all’interno della sinistra.
Guardi, io vedo solo Landini, è l’unico accettabile. Per Pippo Civati vale quello che ha scritto Aldo Grasso sul Corriere della Sera: il rapporto del ragazzo con le masse popolari è zero.
E Nicola Zingaretti come lo vede?
Zingaretti è già appestato perché è presidente della regione Lazio. Nella visione di Renzi i presidenti hanno Consigli regionali corrotti e sprecano i soldi, quindi…
Landini…
Si veste con una camicia. Ha l’aria incazzata. È un avversario vero. Non ha handicap e non è attaccabile da Renzi. È il simbolo dell’opposizione. Del resto, Landini è come Renzi, tutte le sere è in televisione. Se gli dessero un euro per quanto sta in televisione sarebbe miliardario. È il nemico.
I due si stimano.
Io Landini l’ho visto solo una volta di persona. L’impressione è che lui sia estremamente sofisticato dal punto di vista comunicativo, finge di essere un rozzo operaio incazzato, ma sa maneggiare i media come Renzi. A tutti e due conviene essere in prima pagina sui giornali. Gli unici uomini politici che in questo momento con i media ci sanno fare.
C’è anche Matteo Salvini della Lega Nord.
Salvini ci sa fare di più con le piazze, con la gente. Con i media un po’ meno. Essendo politicamente scorretto. È più esposto alla denigrazione, spesso ha ragione, ma dice le cose in un modo che non sta bene.
A proposito di piazze, è un autunno caldo?
Non credo ci sia di mezzo il disagio sociale come scriviamo noi sui giornali. Esistono due organizzazioni in Italia in grado di portare la gente in piazza. Sono la Fiom e la Cgil. Hanno deciso di farlo. Hanno degli ottimi motivi per farlo. Se di quarantanni di sindacalismo di sinistra resta 100, loro un 90 riescono a portarlo in piazza. Questo 90 è piccolo rispetto all’elettorato complessivo, è vero. Però se si mettono insieme Camusso e la Cgil…
Ma Beppe Grillo e il Movimento Cinque Stelle invece sono finiti?
Andrà avanti ancora un bel po’, tra il 10 e il 20 per cento, è uno zoccolo che non si sbriciola. Il qualunquismo è sempre esistito in Italia, fenomeni sociali come il fascismo hanno una base qualunquismo.
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